Via Guendalina Borghese è una strada che attraversa i tranquilli condomini del quartiere romano di Garbatella. Al numero civico 8 si trova la sezione dell’allora Movimento sociale italiano. Qui. secondo quanto recita la narrazione da lei stessa alimentata nel memoir dato alle stampe ormai un anno e mezzo fa, si è affacciata alla politica Giorgia Meloni, all’inizio degli anni Novanta. Il luogo e il contesto dicono molto: la protagonista della storia si raffigura come una che ha cominciato la sua militanza a destra, nel partito erede del fascismo, in un quartiere notoriamente schierato a sinistra come Garbatella. A pochi metri dalle insegne del Msi abita la mamma della leader di Fratelli d’Italia, nella casa che la stessa Meloni ha abitato per tutta la sua adolescenza. Questa sede, in verità, risulta chiusa e inattiva da parecchi anni. Al contrario delle intenzioni mitopoietiche di Meloni, quella porta serrata è l’emblema di una politica che si sposta sempre più sul terreno della comunicazione e della rappresentazione e sempre meno su quello dell’organizzazione territoriale.

TUTTAVIA, è proprio in virtù delle schermaglie mediatiche che queste saracinesche abbassate per un giorno sono diventate il crocevia del dibattito e dello scontro politico. È accaduto infatti che proprio all’indomani dell’elezione di presidenti delle camere che incarnano storie e parole d’ordine particolarmente divisive, nelle ore in cui lo scontro all’interno della maggioranza di centrodestra è acceso, qualcuno in via Borghese ha vergato queste parole: «I. La Russa Garbatella ti schifa». La scritta è firmata «Antifa» ed è accompagnata da una stella. Basta questo segno grafico, presente anche nel marchio della Repubblica italiana oltre che nelle bandiere dei movimenti di liberazione di tutto il mondo, per far gridare all’allarme terrorismo e promuovere l’affermazione di ripulsa verso il neo-presidente della camera al rango di «minaccia». Secondo una corrente che da tempo punta a diventare senso comune, infatti, la stella sarebbe solo ed unicamente il simbolo delle Brigate rosse.

TRA LE PRIME a cavalcare questa convinzione vi è la stessa Meloni. «Accade che in una sede di Fratelli d’Italia compaia una scritta contro Ignazio La Russa firmata con la stella a 5 punte chiaro riferimento ad anni drammatici che non vogliamo rivivere – denuncia la leader di FdI – Il nostro impegno sarà per unire la nazione, non per dividerla come sta tentando di fare qualcuno. Spero che il senso di responsabilità della politica prevalga sull’odio ideologico, perché l’Italia e gli italiani devono tornare a correre, insieme». Da qui a tracciare una relazione di causa effetto tra il dibattito politico degli ultimi giorni e la scritta sulla tapparella di Garbatella, è un attimo: «Diversi esponenti politici hanno deciso di rendere La Russa un bersaglio come persona e per le sue idee – sostiene ancora Meloni – rinfocolando un clima d’odio, già ben alimentato durante una campagna elettorale costruita sulla demonizzazione dell’avversario politico». Non finisce qui: nei pressi del Colosseo, su un ponte pedonale, viene ritrovato uno striscione con la scritta «Benvenuto presidente La Russa», con il cognome scritto a testa in giù. Lo stesso la Russa, comunque, prima stigmatizza «chi vorrebbe rivangare anni di violenza e terrorismo condannati dalla storia» e poi ammette che nel corso della sua vita ne ha viste di ben peggiori, quasi dicendo tra le righe ai suoi che non bisogna esagerare troppo con gli allarmi. Però è troppo tardi, il treno dell’indignazione è partito da un pezzo.

NELLE ORE successive, mentre Digos e Carabinieri si precipitano a visitare la serranda imbrattata e a promettere indagini degne d’altro reato, si capisce come il caso singolo sia diventato un pezzo dello scontro parlamentare. Letta dice di considerare «inaccettabili» le scritte contro La Russa ma dal congresso dei socialisti europei torna così sull’elezione di La Russa e Fontana ai vertici delle camere: «La scelta che hanno fatto è quella peggiore per dare all’esterno messaggi rassicuranti. Danno un messaggio che conferma le peggiori preoccupazioni in giro per l’Europa. Io mi chiedo quale sia la logica perversa che c’è dietro queste nomine, che va contro l’interesse del paese». Per Meloni, queste parole «rappresentano uno scandalo e rappresenta un danno per l’Italia». Il segretario del Pd controreplica con un tweet: «Non è la maggioranza a dire all’opposizione cosa dire e come dirlo». Ma ormai è partito il fuoco di fila delle destre.

FABIO RAMPELLI fa capire quale sarà il registro con il quale il governo accoglierà le critiche dell’opposizione nei prossimi mesi: «La sinistra si sta dimostrando animata, anche oggi, da spirito anti-italiano». Il sillogismo è chiaro: attaccare chi (si presume) andrà al governo significa essere nemici del paese.

INTANTO, una mano di vernice grigia ha cancellato la scritta dello scandalo. Ma la mano dell’imbianchino ha operato una curiosa distinzione ideologica. Via l’offesa a La Russa, resta il fulmine stilizzato in mezzo al cerchio utilizzato negli anni Trenta dalla British Union of Fascists and National Socialists. Di questi tempi, evidentemente, non è un simbolo di cui vergognarsi.