Sono da poco passate le 18 quando il ruscello di gente partito da via dei Fori Imperiali imbocca la scalinata che sale verso la statua di Marco Aurelio, in piazza del Campidoglio. Il corteo sfila silenzioso, illuminato dalle torce tenute in mano dai manifestanti. Un buon riassunto dei partecipanti è nelle bandiere: quelle rosse della Cgil, quelle blu di Sant’Egidio, quelle arcobaleno della pace. E poi i vessilli di Emergency e Anpi. Davanti a tutti c’è lo striscione Europe for Peace, la coalizione di associazioni, sindacati e realtà di base che il 5 novembre scorso ha inondato la capitale con un fiume di oltre 100mila persone. Stavolta, nel triste anniversario del primo anno di guerra, le manifestazioni sono dislocate e distribuite su tre giorni. Oggi sarà quello conclusivo.

«TRA VENERDÌ E SABATO in tutta Italia sono scese in piazza almeno 100mila persone», dice Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne della Rete pace e disarmo. Altri membri della coalizione stimano che i numeri siano ancora più alti. A un anno dall’invasione russa dell’Ucraina ci sono manifestazioni in molte città europee, con piattaforme anche diverse e l’invio di armi a segnare ancora un discrimine.

SU QUESTO PUNTO la piazza romana ha un’idea precisa: servono «più parole e meno armi», come recita un grande striscione tenuto in alto davanti al palco. «Siamo tornati da poco dal fronte orientale del conflitto – racconta Rossella Miccio, di Emergency – In quei luoghi non è rimasto nulla per chi non è riuscito a fuggire. È questo la guerra: distruzione e morte. L’unica strada per superare il disastro è un cessate il fuoco immediato e l’avvio di trattative». Dopo di lei interviene il sindaco di Roma Roberto Gualtieri: «C’è un aggredito e un aggressore. La nostra solidarietà va al popolo che si difende, ma le soluzioni solo militari non funzionano».

GLI INTERVENTI clou, come in piazza San Giovanni a novembre scorso, sono del fondatore di Sant’Egidio Andrea Riccardi e del segretario generale della Cgil Maurizio Landini. L’asse tra mondo cattolico e del lavoro è stata la dorsale delle mobilitazioni pacifiste di questi 12 mesi di guerra. «Non abbiamo smesso di credere nella pace, in una pace per l’Ucraina e per noi. Questo obiettivo non può essere impossibile», esordisce Riccardi. E poi snocciola i numeri che fotografano il dramma creato dal conflitto: decine di migliaia di morti, 5 milioni di ucraini senza casa, 8 milioni di loro fuggiti all’estero e 17 milioni rimasti in patria ma bisognosi di assistenza alimentare. Qui Riccardi denuncia che il sostegno bellico sta aumentando ma quello umanitario sta diminuendo. Teme che, come affermato dal capo di stato maggiore Usa Mark Milley, il 2023 resti segnato da una impasse in cui le due parti continuano soltanto a sterminarsi a vicenda. «Bisogna riattivare la diplomazia e la politica», dice a voce alta dal palco.

LANDINI INSISTE sull’esigenza di allargare la mobilitazione per la pace a un piano europeo e internazionale. «Non siamo solo pacifisti, ma siamo radicalmente contro la guerra. Contro ogni guerra», dice citando Gino Strada. Il leader Cgil è applauditissimo quando richiama la costituzione «democratica e antifascista» e quando afferma che «l’unica vittoria possibile quando si scontrano delle potenze nucleari è ristabilire le condizioni per fermare le armi». Attacca l’aumento delle spese militari, «+110% mentre la gente muore di fame», e poi dice convinto: «la maggioranza dell’opinione pubblica di questo paese vuole la pace».

SUL FRONTE POLITICO a fare da sponda alla mobilitazione sono soprattutto i 5 Stelle e Sinistra italiana. «Nessuno ha la ricetta in mano per interrompere la guerra ma va aperto un percorso negoziale. Andava fatto subito. Sarà faticoso ma è l’unica strada possibile», dice il leader 5S Giuseppe Conte a margine della fiaccolata. In piazza c’è il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni: «La sola escalation militare non costruisce alcuna via d’uscita, innanzitutto per le vittime di questa aggressione, cioè i civili ucraini. La guerra non si vince con le armi, ma con la diplomazia».

IERI SONO STATE una cinquantina le piazze contro l’invasione dell’Ucraina organizzate in tutta Italia. Bari, Lecce, Salerno, Firenze e Milano alcune delle principali. Molto partecipato il corteo di Genova, convocato dal Collettivo autonomo lavoratori portuali (Calp) e dall’Unione sindacale di base (Usb) con lo slogan: «Abbassate le armi, alzate i salari». Almeno 4mila i manifestanti uniti per dire basta alle navi della morte, quelle che trasportano armi in tutte le zone di guerra.