Il giorno dopo il vertice di Ramstein emerge il rapporto riservato trasmesso dai servizi segreti federali ai deputati della commissione sicurezza del Bundestag.

Alla luce delle informazioni raccolte sul campo il Bundesnachrichtendiesnt (Bnd), l’agenzia di intelligence esterna, riassume così la situazione militare sul fronte del Donbass: «Le perdite quotidiane dei soldati ucraini nella battaglia in difesa di Bakhmut si aggirano su numeri a tre cifre» e l’eventuale «caduta della città provocherebbe conseguenze estremamente negative per l’Ucraina, poiché permetterebbe ai russi di penetrare ulteriormente all’interno del Paese».

DUE SCENARI TATTICI da incubo all’attenzione di chi a Berlino deve decidere la strategia della Germania non solo sul caso Leopard. Per la prima volta vengono messi nero su bianco sull’informativa ufficiale di un servizio Nato, immune dall’accusa di disfattismo.

Nonostante i report sulla mutazione del conflitto da guerra di manovra a scontro di trincea non siano certo una novità assoluta: a dicembre la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen si era lasciata sfuggire la stima di 100mila militari ucraini caduti, non così distante dalla proiezione del capo di Stato maggiore della Difesa Usa.

Ma rimbombano a Berlino anche le parole di André Würstner, presidente dell’Associazione forze armate, tutt’altro che anti-atlantista, invitato a parlare di Leopard nel più popolare talk-show della tv pubblica. «La Bundeswehr è nuda. Ci aspettiamo una drastica riduzione di armi fino al 2025 a causa della crisi energetica. Ma quale invio di carri armati a un altro Paese possiamo mai fare?» è il plateale sfogo della “voce” dell’ambiente militare tedesco.

Mentre il segretario generale Spd, Kevin Kühnert, chiede «più artiglieria agli ucraini» prima di ammettere che «i Leopard non saranno comunque le “Wunderwaffen” che permetteranno di vincere la guerra».

SEMBRANO INTUIRLO i tedeschi fotografati nell’ultima rilevazione dell’istituto “Infrastest-Dimap” che restituisce l’opinione pubblica a dieci mesi dall’invasione russa.

Soltanto il 41% dei cittadini approva le attuali consegne di armi all’Ucraina, mentre il 26% chiede addirittura di ridurre gli stock. Fa il paio con il 58% che non crede alla fine della guerra entro il 2023, contrapposto al 23% convinto invece della pace più o meno imminente.

Secondo il 52%, gli sforzi diplomatici del governo Scholz non si stanno rilevando sufficienti per fermare il conflitto, per il 34% vanno bene così, ma appena il 4% chiede di ridurli per lasciare posto allo scontro frontale.

Infine, oltre un terzo dei tedeschi resta dubbioso sull’efficacia delle sanzioni, con il 19% che le considera troppo severe.

Non esattamente un paese pronto a rispondere all’appello di Ramstein. Proprio come lo Stato che prova a districarsi su due piani.

Da una parte, l’impedimento strettamente tecnico del revamping dei Leopard ex Bundeswehr, ribadito dal costruttore Rheinmetall che stima tempi lunghissimi la consegna; dall’altra, lo stop tutto politico su chi deve mettere per primo i cingoli sul terreno, che investe direttamente gli Abrams, i tank degli Usa che secondo la Germania devono essere spediti in Ucraina come minimo insieme ai Leopard.

DOMANI LA BUNDESWEHR trasferirà le prime due delle tre batterie antiaeree Patriot, da Rostock a Zamość (Polonia) con l’obiettivo di proteggere lo spazio aereo del sud-est del Paese e rafforzare il fianco Est della Nato. Da lì il confine ucraino dista solo 60 chilometri e la capitale regionale di Lviv appena 110.

Secondo le indiscrezioni dello “Spiegel” i Patriot tedeschi andranno a proteggere un importante stazione di trasbordo dei convogli di armi all’Ucraina.