Europa Oggi

Perché i risultati delle elezioni di Midterm dovrebbero preoccupare noi europei

di Noëlle Lenoir   10 novembre 2022

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I repubblicani non hanno sfondato, ma tanti fedelissimi di Donald Trump sono stati eletti o rieletti. Così gli umori populisti e isolazionisti sono sempre più forti e mettono a rischio il futuro dei rapporti

Tornata dalla California, dopo aver tenuto conferenze in diverse università da Berkeley a Los Angeles e San Francisco, guardo con preoccupazione crescente alla distanza che ho sentito tra gli Stati Uniti e l’Europa. Dalla California, l’Europa è lontana, e solo pochi cittadini americani conoscono i Paesi europei al di là degli stereotipi.

Il disinteresse e la poca familiarità degli americani con l’Unione Europea non ci possono lasciare indifferenti. Da un lato i risultati delle recenti elezioni dimostrano che il sistema democratico funziona ancora. Gli Stati Uniti sono stati per molto tempo un modello, per gli europei innanzitutto, di organizzazione democratica: il cambio da un governo all’altro, da una maggioranza parlamentare alla successiva, sembrava quasi naturale e la costituzione garantiva la correttezza della gestione democratica del Paese. Dall’altro lato, però, si osserva oggi una crescente instabilità istituzionale. Da quando Donald Trump, assieme a gran parte del suo partito repubblicano, ha provato a scuotere le regole del gioco, non si può più essere sicuri della perennità del sistema. Dalle fake news alle menzogne, dalla rimessa in questione dei risultati delle elezioni alla fanatizzazione del suo pubblico - Trump non si fa scrupoli quando si tratta di conquistare o mantenere il potere.

Anche la posizione della Corte Suprema all’interno dell’architettura istituzionale sta cambiando, il che è particolarmente grave. La costituzione americana conferisce una posizione forte ai giudici supremi. Con la nomina a vita si voleva garantire un’indipendenza ideologica, e il finanziamento garantito (la costituzione proibisce la diminuzione dei fondi dedicati alla Corte Suprema) permette di lavorare in tranquillità. Durante la campagna elettorale di Trump invece, un anno prima delle elezioni, è stata ostacolata dai repubblicani la nomina di un giudice proposto sotto Obama - un fatto mai visto, e fondamentalmente anticostituzionale, che dimostra a che punto la Corte Suprema venga ideologizzata e dunque resa uno strumento politico. Durante la sua campagna elettorale Trump aveva promesso di abolire il diritto federale all’aborto per accontentare il suo elettorato evangelista, sempre più fanatico. E infatti nel 2022 la Corte suprema ha revocato la decisione federale di permettere l’aborto sotto certe condizioni, proprio grazie a una maggioranza di giudici repubblicani.

Detto questo, i risultati e le nuove maggioranze nel Congresso e nel Senato dovrebbero destare preoccupazione. Più di cento dei deputati repubblicani rieletti si erano schierati con Trump nel tentativo di evitare l’accesso di Biden alla Casa Bianca. Molto probabilmente il 15 novembre Trump dichiarerà la sua candidatura per il 2024, e il Partito Repubblicano non ha altre personalità da candidare con successo contro Trump nelle primarie. Il vecchio sistema del bi-partitismo basato sull’arte del compromesso, un po’ come nell’Ue, non funziona più.

In quanto europei, dovremmo preoccuparci per due motivi: il primo riguarda i legami transatlantici tra Stati Uniti e Ue. Senza il piano Marshall nell’immediato dopoguerra l’Europa non si sarebbe rialzata dalle ceneri causate dalla guerra cominciata dal regime nazista tedesco. Senza la benedizione degli Stati Uniti la riunificazione tedesca e europea non si sarebbe realizzata. E senza il sostegno americano nell’attuale guerra in Ucraina gli europei farebbero fatica a resistere. Inoltre la concorrenza cinese sfida il ruolo di leadership americano e il peso dell’Asia nelle considerazioni strategiche degli Usa aumenta continuamente. Non possiamo essere sicuri che il nostro partner storico mantenga con noi l’unità che dimostra oggi di fronte all’aggressione russa. Che lo si voglia o no, in futuro dovremo essere preparati anche per organizzarci e difenderci da soli.

Il secondo motivo di preoccupazione riguarda la fragilità del nostro sistema democratico. Se l’America è stata precorritrice nel processo democratico fin dal Settecento, forse quello che vediamo oggi è una prefigurazione di quello che può accadere anche da noi. I populismi utilizzano strategie di comunicazione simili al trumpismo e lo Stato di diritto, in alcuni paesi membri dell’Ue, è sotto pressione. Purtroppo la storia europea conosce diversi esempi, soprattutto nel periodo tra le due guerre mondiali, di “scivolamenti” di sistemi democratici verso la dittatura - e questo non vale solo per il nazismo tedesco e il fascismo italiano, anche la Francia ha conosciuto il suo momento critico di estrema destra nel febbraio del 1934.

Infine dobbiamo anche tener presente che i recenti sviluppi negli Usa hanno conseguenze notevoli per la nostra economia, in particolare per i Paesi fortemente industrializzati come l’Italia e la Germania, meno la Francia. La legge americana «anti inflation act» favorisce le ditte che producono negli Stati Uniti attraverso l’erogazione di sussidi importanti. La conseguenza è che investimenti rilevanti previsti in Europa, come ad esempio quelli nel settore delle batterie per l’e-mobility, rischiano di essere riorientati verso l’America. Questa tendenza all’ “America First” si trova nel campo dei repubblicani tanto quanto in quello democratico. L’Ue deve reagire, e ci sta provando: è stato creato un gruppo di lavoro americano-europeo per evitare conflitti giuridici davanti alla World Trade Organization. Il dialogo rimane l’approccio più promettente tra Paesi tradizionalmente vicini e legati politicamente ed economicamente.

Il rapporto storico tra gli Stati Uniti e l’Europa, un rapporto strettissimo fin dall’epoca della Rivoluzione francese, è troppo prezioso per essere trascurato. L’Europa deve fare due cose: cercare il dialogo con il partner transatlantico e rinforzare il proprio sistema democratico. Un’Europa più sovrana non significa abbandonare il rapporto fondamentale con gli americani, al contrario è una necessità per essere presi sul serio nelle trattative future.

Tradotto da: Amanda Morelli e Nicholas Teluzzi
A cura di Amélie Baasner

Noëlle Lenoir è stata ministra degli Affari Europei tra il 2002 e il 2004 all’epoca della presidenza di Jacques Chirac e prima donna giudice costituzionale in Francia