«Posso venire con voi dove volete – ci ha detto ieri uno dei fixer con i quali siamo in contatto -, ma, per favore, non chiedetemi di accompagnarvi a Bakhmut». A Kramatorsk, nella capitale ucraina dell’oblast’ di Donetsk, la vita scorre ancora con regolarità. Grandi autobus di linea dalle fiancate azzurre sciamano con lentezza lungo Ulitsa Parkova, i negozi sono tutti aperti – almeno la mattina – e se hai voglia di svagarti puoi persino andare a cena al ristorante.

Visto da qui, il luogo della grande battaglia appare come qualcosa di remoto e raccapricciante. Eppure, in linea d’aria, le due città distano non più di 35 chilometri: te ne rendi conto soprattutto la sera, quando tra i quartieri avvolti nel buio si sentono rimbombare i cupi fragori dei bombardamenti. La guerra – anche se non si vede – è sempre più vicina, e molto presto potrebbe arrivare fin quaggiù.
«I RUSSI SONO PRONTI a scatenare un nuovo attacco in direzione di Kharkiv e Zaporizhzhia», ha dichiarato ieri il segretario del Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa di Kiev, Oleksiy Danilov. Altre fonti parlano di una possibile intensificazione dell’offensiva nemica «nel giro delle prossime 48 ore». Quel che è certo, per ora, è che Bakhmut continua a resistere.
Contro le nuove Termopili d’Ucraina – 70mila abitanti fino a meno di un anno fa, oggi ridotti a non più di 2mila – si stanno infrangendo, da settimane, le migliori unità dell’esercito di Putin.

Nelle scorse ore Apty Alaudinov, il comandante delle forze speciali cecene che combattono per la repubblica separatista di Lugansk, ha annunciato una serie di «progressi» nei settori nord della città, dove «diverse grandi strade sono state occupate»: «Le operazioni militari – ha aggiunto – si stanno svolgendo con successo». Stando alle informazioni ufficiali diramate dalle autorità di Kiev, tuttavia, i russi non sarebbero ancora riusciti a varcare il fiume Bakhmutovka, i cui due ponti sono stati fatti preventivamente saltare.
LA BATTAGLIA INFURIA con particolare intensità all’imbocco di Ulitsa Horkoho, il grande viale che collega i sobborghi orientali al centro urbano: dopo aver occupato le classiche casette che punteggiano le periferie di ogni città ucraina, i soldati di Mosca si trovano ora di fronte a una breve selva di palazzoni in cemento, la cui conquista richiederà altro tempo e altro sangue.

Oggi, a Bakhmut, si combatte edificio per edificio, scala per scala, cantina per cantina, e il continuo fragore delle armi leggere già risuona con nitidezza nella centralissima Ulitsa Mira, a poco più di un chilometro dalla linea del fronte.
Per quanto potrà continuare questo massacro? Nella sola giornata di lunedì, secondo gli analisti di Kiev, i russi avrebbero perso «almeno mille uomini» – una stima forse eccessiva, ma non di troppo.
NEL FRATTEMPO le pressioni dell’armata di Putin si stanno intensificando anche nelle campagne circostanti, attorno ai villaggi di Ivanivske e Krasna Gora, entrambi ormai sotto assedio. A sudovest del capoluogo distrettuale gli aggressori puntano ad occupare la strada T0504, che collega Bakhmut con Kostjantynivka e poi con Kramatorsk. L’arteria al momento non sarebbe più transitabile, così come l’autostrada M03 Bakhmut-Sloviansk, a nordest, le cui carreggiate sono già sotto il tiro dei kalashnikov russi.

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Ad oggi l’unica via d’accesso alla città è la sconnessa stradina di campagna che proviene dal villaggio di Chasiv Yar, sulla quale si accalcano quotidianamente lunghe file di mezzi militari: è solo di virtù di questo ultimo cordone ombelicale che l’esercito di Zelensky può ancora continuare a resistere, seppur in condizioni sempre più critiche.
MA INTANTO I RUSSI stanno attaccando anche nel Donbass settentrionale, nella zona di Kreminna, di fronte alle cittadine di Siversk e di Yampil’: è proprio da qui, secondo molti, che potrebbe svilupparsi una seconda direttiva d’avanzata in vista della data-simbolo del 24 febbraio. Se è vero – come è vero – che Putin ha il culto delle ricorrenze storiche, il suo attuale bottino per il primo anniversario di guerra risulta infatti piuttosto misero. L’ultima vittoria degna di questo nome è la conquista della cittadina di Soledar, che risale comunque a quasi un mese fa.

LA PROPAGANDA del Cremlino è decisamente a corto di trionfi, e per rendersene conto basta fare qualche breve escursione su Twitter. Negli scorsi giorni l’oligarca russo Yevgeny Prigozhin – ovvero colui che ha fondato il famigerato Gruppo Wagner – si è mobilitato personalmente per annunciare la conquista di un nuovo villaggio nella zona di Soledar.

Il villaggio si chiama Sakko I Vantsetti, in onore dei due anarchici italiani giustiziati a Boston nel 1927, e prima della guerra contava un totale di tre residenti. Il post di Prigozhin mostra quattro soldati in mimetica – uno dei quali con in mano una chitarra – in posa davanti a un edificio in rovina. “La foto – recita la didascalia – mostra l’unica casa rimasta in piedi a Sakko I Vantsetti”. Il paradosso ha quasi il sapore di una violenta filastrocca: un oligarca guerrafondaio che si vanta di aver pagato quattro mercenari per radere al suolo le case di tre poveri contadini intitolate a due rivoluzionari libertari.