Per il presidente Emmanuel Macron, oggi inizia la sfida più grande dall’inizio del suo secondo mandato lo scorso maggio. Uno sciopero proclamato da alcuni principali sindacati del settore pubblico ha bloccato metà del traffico ferroviario regionale che si aggiunge alle difficoltà causate dall’agitazione dei lavoratori delle raffinerie, in sciopero da settimane, che ha costretto centinaia di benzinai a chiudere in tutto il paese.

Il sei per cento degli insegnanti oggi non si è presentato a scuola, ha detto il ministero dell’Istruzione, con punte del 23 per cento in alcuni istituti. I leader dei sindacati assicurano che questo è solo l’inizio e che l’agitazione non si fermerà fino a che non saranno garantiti adeguati aumenti salariali.

I sindacati hanno il sostegno dei leader della sinistra che hanno organizzato marce e proteste a sostegno dei lavoratori, contro l’inflazione e il caro vita e per un’azione più decisa contro il cambiamento climatico. Anche loro assicurano che si tratta solo dei primi segnali  un autunno caldo come quelli che negli anni Sessanta e Novanta hanno segnato la storia del paese.

Ma il presidente Macron scommette sul fatto che le proteste perderanno presto energia e coesione. «Il tempo delle trattative è finito», ha detto il ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, annunciando la precettazione degli operai delle raffinerie. Macron punta ad procedere anche con la riforma che innalzerà l’età pensionabile da 62 a 65 anni, un altro argomento caldo di questi giorni. Il resto d’Europa intanto guarda la Francia con preoccupazione e i governi si chiedono se non saranno i prossimi a essere investiti dalle proteste.

La sinistra in piazza

Le proteste di questa settimana sono iniziate domenica, con una marcia a Parigi organizzata da Nupes, la coalizione delle forze politiche di sinistra guidata da Jean-Luc Melénchon, dai principali sindacati e da numerose ong. «Vedrete una settimana come non ce ne sono mai state – ha detto Mélenchon che marciava in testa al corteo – Ci sarà un’alleanza di tutte le forze di questo paese». Secondo gli organizzatori, almeno 140mila persone hanno sfilato per tutto il pomeriggio, 30mila secondo la polizia.

Tra gli slogan della manifestazione c’erano messaggi come “Basta evasione fiscale” e “Voglio anche io un aumento del 52 per cento come il capo di Total”, la principale azienda petrolifera francese. Tra le richieste dei manifestanti, l’abbassamento dell’età pensionabile da 62 a 60 e un nuovo reddito universale per i più giovani.

La marcia di domenica è riuscita a mettere insieme una coalizione trasversale come non accadeva da tempo. Gli attivisti che vogliono azioni più incisive contro il cambiamento climatico hanno sfilato insieme ai lavoratori che chiedono rinnovi di contratti e aumenti di stipendio e a quelli che temono di vedere innalzata la loro età pensionabile.

Esperti e analisti francesi parlano di un movimento che ha raccolto «il diffuso sentimento sull’ingiustizia del sistema», come lo ha definito lo scienziato politico Bruno Cautres. Alcuni sospettano che scioperi e proteste di questi giorni possano tramutarsi in un’ondata in grado di paralizzare il paese per settimane. Il quotidiano francese Libèration ha pubblicato una copertina in cui il presidente Macron è rappresentato mentre si regge disperatamente a un megafono dei manifestanti e rischia di essere spazzato via.

Il paragone immediato è quello con le proteste dei cosiddetti “Gilet gialli”, i manifestanti che per mesi hanno bloccato la Francia nel corso del 2018. Difficile prevedere oggi se queste manifestazioni dureranno altrettanto e avranno un impatto simile. Molti notano che il movimento di oggi appare più strutturato e politicamente motivato, con il supporto di forze politiche tradizionali e di sindacati. Il che può tradursi in un vantaggio, ma anche in una debolezza.

Il governo

Come spesso di fronte a movimenti simili in passato, Macron al momento intende procedere con la linea dura, contando sul sostegno della “maggioranza silenziosa” dei francesi. Un recente sondaggio di BmfTv sembra dargli ragione e mostra un 39 per cento di francesi favorevoli agli scioperi, ma un 49 per cento contrario, una percentuale cresciuta mano a mano che proseguivano gli scioperi nelle raffinerie e crescevano i disagi per gli automobilisti.

Macron può anche contare su una situazione economica migliore di quella di molti suoi vicini. L’inflazione prevista a circa il 5 per cento è la metà di quella media europea. Il Pil dovrebbe crescere dell’1 per cento, mentre la vicina Germania è già a rischio recessione.

Ma la posizione di Macron è comunque più debole di quattro anni fa dopo che un cattivo risultato alle legislative di primavera lo ha privato di una maggioranza in parlamento. L’annuncio di voler proseguire con le sue politiche economiche, in gran parte impopolari, rischia di coagulare le numerose forze che si oppongono al suo programma.

La struttura costituzionale rende la presidenza francese pressoché immune agli scossoni e questo senza dubbio contribuisce a tranquillizzare Macron. I governi vicini, dall’Italia alla Germania, non hanno altrettanta fortuna e faranno bene a tenere d’occhio con attenzione quello accade in Francia. Li aspettano mesi imprevedibili.

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