Analisi

Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, la vittoria degli estremi

di Susanna Turco   14 ottobre 2022

  • linkedintwitterfacebook

Annodato tra veti reciproci, il nuovo centrodestra a trazione Giorgia Meloni seleziona il peggio di sé. Al Senato ha vinto Meloni, alla Camera Salvini. Il risultato è questo

Potevano selezionare due para democristiani. Gente tranquilla, presentabile, magari scialba o prevedibile. Tipi alla Raffele Fitto, alla Adolfo Urso, alla Guido Molteni. Invece no.

Il nuovo centrodestra a trazione Giorgia Meloni, annodato dai veti reciproci, dà di sé un assaggio esemplare e assai promettente, in questo tandem per l’elezione dei presidenti d’Aula. Alla Camera arriva infatti il leghista Lorenzo Fontana. Ex ministro della Famiglia, cattolico ultraortodosso, filoputiniano, antiabortista, cucitore delle alleanze con gli estremisti di mezza europa: una garanzia di coerenza insomma. Il perfetto pendant con l’altro presidente eletto ieri, quello del Senato, Ignazio La Russa, con tutto il suo passato di missino, le mimetiche la collezione di busti del Duce volentieri esibita alle telecamere, i trent’anni da notabile in Parlamento, la sguaiatezza naturale di destro cresciuto negli agi di quella che Barbarossa (non Federico: Luca) chiamò Roma Puttana.

Ritratto
Chi è Lorenzo Fontana, l’idolo dei Pro-Vita e dell'estrema destra veronese eletto presidente della Camera
14/10/2022

Giovedì ha vinto Meloni. Venerdì Salvini. Un trionfo della loro versione estremista. Che sia la chiave del futuro governo? Di certo l’accantonamento per la Camera del leghista prescelto, Riccardo Molinari, in favore di Fontana, il più salviniano tra i deputati, è figlio dei rapporti interni alla maggioranza. È la vittoria che Salvini ha preteso a tutti i costi, come prezzo per la sua acquiescenza dopo la rottura plateale tra Meloni e Forza Italia che si era consumata giovedì attorno al nome di Licia Ronzulli, culminata con l’elezione di La Russa senza i voti dei berluscones. Una vittoria che Meloni ha volentieri concesso - nonostante le inquini il profilo vagamente più moderato che si è costruita per gli osservatori internazionali - perché suggellava la sua, di vittoria, su Silvio Berlusconi.

La giornata
Volano schiaffi con Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni ha già un’altra maggioranza
13/10/2022

Il risultato, abbastanza paradossale, è che la nuova maggioranza ha scelto nel proprio seno il peggio di sé e che attorno a questo peggio tutto si è ricompattato. Ciascuna cosa è tornata al suo posto.

Il presidente neoeletto ha pronunciato un discorso scialbo per evitare di far drizzare troppi capelli. L'opposizione ha fatto l'opposizione: dopo la giornata di ieri passata tra schede bianche e voti prestati a La Russa, Pd, M5S, Sinistra Italiana e Italia viva addirittura non hanno applaudito neanche pro forma alle parole di Fontana, era la prima volta che succedeva a memoria di seconda e terza repubblica: soltanto i radicali Benedetto della Vedova e Riccardo Magi si sono alzati in piedi (senza applaudire) in segno di rispetto per l'istituzione; si sono votati i loro bravi candidati di bandiera, dopo la rinunciataria e disastrosa scelta della scheda bianca al Senato; se ne sono stati moderatamente ritirati - Conte è arrivato in ritardo, Enrico Letta neanche si è fatto vedere all'insediamento di Fontana.

Per converso la maggioranza ha fatto la maggioranza: abbondante, rumorosa, contenta. E stravolta. A partire da Giorgia Meloni che in una pausa dell'Aula si è fumata una sigaretta in cortile a Montecitorio, come ai vecchi tempi, solo stavolta circondata dai cronisti che si chiedevano fra l'altro se fosse possibile citare di lei i vertiginosi tacchi a spillo neri, bordati di piccole borchie argentate, o se anche quello sarebbe stato preso come un segno di sessismo/condanna politica, vai a sapere. Se questo è l'inizio, ci sarà molto da raccontare. Divertimento, quello meno.