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Costa d'Avorio e Ghana, la battaglia del cacao: solo il 6% del costo di una barretta di cioccolato va nelle tasche dei coltivatori

Costa d'Avorio e Ghana, la battaglia del cacao: solo il 6% del costo di una barretta di cioccolato va nelle tasche dei coltivatori
Un agricoltore ghanese guadagna 1 dollaro al giorno. Un suo omologo della Costa d'Avorio, 78 centesimi. Quelle regole del commercio globale che la parte ricca del mondo non vuole cambiare
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ROMA (Agenzia DIRE) - Il contnente africano è in assoluto il primo produttore mondiale di cacao, ma raccoglie le briciole di un mercato miliardario. I governi della Costa d'Avorio e del Ghana, che da soli rappresentano oltre il 60 per cento della produzione nel mondo, hanno deciso di boicottare una riunione del settore a Bruxelles come segno di protesta contro le politiche delle multinazionali alimentari sui prezzi. Riemerge così un vecchio problema: quello delle regole del commercio mondiale che le cosiddette "economie avanzate occidentali" non si sognano neanche lontanamente di cambiare, anche se una loro riscrittura più equilibrata risolverebbe molti problemi, non ultimo quello delle povertà, della malnutrizione, dei flussi migratori.

Solo il 6% del costo di una barretta di cioccolato ai coltivatori. Due delle maggiori Ong del settore dei due Paesi, la Plateforme Ivoirienne pour le cacao durable e la Ghana Civil-Society Cocoa Platform, hanno elogiato le autorità per la scelta del boicottaggio. "E' immorale che mentre si pagano di più i coltivatori e gli allevatori del Nord, che forniscono zucchero e latte, non si faccia lo stesso con gli agricoltori del Sud", ha denunciato Bakary Traoré, direttore esecutivo dell'Ong Initiatives pour le développement communautaire et la conservation de la forêt (Idef), parte della piattaforma della società civile ivoriana. Secondo l'organizzazione internazionale Fairtrade, solo il 6% del costo finale di una barretta di cioccolato finisce nelle tasche dei coltivatori del cacao. Un dato, questo, in netto calo da decenni. Stando a dati del World Economic Forum rilanciati dal quotidiano Financial Times, in Ghana un produttore di cacao guadagna in media un dollaro al giorno, mentre in Costa d'Avorio 78 centesimi.

"Degli agricoltori del Sud del mondo? Chi se ne frega". Con questa iniziativa - si legge su Africa e Affari, la rivista sul continente del futuro, diretta da Massimo Zaurrini, che ospita numerosi approfondimenti sul "Paradosso del cacao" - i Paesi africani cercano di sensibilizzare l’opinione pubblica europea sulle condizioni di lavoro dei produttori di cacao. “Quando guardi alla produzione del cioccolato - dice Bakary Traoré, direttore esecutivo della Ong Idef - hai latte, cacao, latte e zucchero. Il prezzo dello zucchero è salito, il prezzo del latte è salito, ma il prezzo del cacao sta solo scendendo. E perché? Perché zucchero e latte sono prodotti nei Paesi del Nord e gli agricoltori del Nord devono essere aiutati. Ma di quelli del Sud, quindi della Costa d’Avorio e del Ghana, chi se ne frega”. 

Il rifiuto di rendere più equi i prezzi della materia prima. Insomma, i rappresentanti di Abidjan e Accra non hanno preso parte alla due giorni di lavori del summit dei partner della World Cocoa Foundation (Wcf) che nella capitale belga ha combinato l'incontro. L'organizzazione aggrega 100 aziende, inclusi produttori di cioccolato come Nestlé, The Hershey Company e Mars, Inc. produttori e fornitori di cacao come Barry Callebaut, Olam International e Cargill, compagnie di navigazione, porti e rivenditori come Starbucks. Fra le ragioni principali del boicottaggio da parte dei due Paesi africani c'è il rifiuto delle multinazionali del settore, soprattutto la svizzera Nestlè e la statunitense Mondelez, di pagare un premio ai produttori, istituito nel 2019 da Ghana e Costa d'Avorio. In più, si denuncia un più generale mancato pagamento della materia prima in modo equo. I prezzi delle fave di cacao rimangono stabili, inoltre, in un contesto segnato dall'aumento globale di tutti i prezzi delle materie prime, provocato dagli effetti della pandemia di Covid-19 e della guerra in corso in Ucraina.

 

 

 

 

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