Cinque giorni dopo il naufragio di Steccato di Cutro, il cui bilancio di morti accertati è salito a 68, la procura di Crotone ha aperto un nuovo fascicolo. Dopo le indagini sui presunti scafisti – per due è stato confermato il fermo, un terzo sarà interrogato quando guarirà dal covid e di un quarto si sono perse le tracce – la lente degli inquirenti si rivolge anche alla catena dei soccorsi. I pm hanno chiesto a guardia costiera e guardia di finanza gli atti sulle rispettive attività nelle ore precedenti alla strage. Sulla base di questi documenti valuteranno eventuali ipotesi di reato e relativi indagati.

È UNA SVOLTA ATTESA quella che arriva dal capoluogo calabrese. Le inchieste giornalistiche di questi giorni e lo scambio di accuse tra le autorità coinvolte nel caso del caicco naufragato a pochi metri dalla riva – per il momento guardia costiera, guardia di finanza e Frontex – lasciavano presagire che il lavoro dei pm non si sarebbe limitato agli scafisti. Sono troppe le ambiguità sulla catena decisionale che ha portato prima a classificare l’evento come «immigrazione irregolare» e non «ricerca e soccorso» (Sar) e poi a non riqualificarlo neanche dopo che due motovedette delle fiamme gialle erano state costrette a rientrare a causa delle condizioni meteomarine.

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ANCHE PERCHÉ le normative sul soccorso in mare prevedono che in simili circostanze valgano dei principi precauzionali che danno priorità alla tutela della vita umana. Lo stabilisce il piano Sar marittimo nazionale, aggiornato nel 2020 sotto il ministero delle Infrastrutture guidato da Paola De Micheli (Pd). «Quando si presume che sussista una reale situazione di pericolo per le persone, si deve adottare un criterio non restrittivo, nel senso che una notizia con un minimo di attendibilità deve essere considerata veritiera a tutti gli effetti», si legge al punto 310.

«GLI ELEMENTI di cui eravamo in possesso noi e i colleghi della guardia di finanza non facevano presupporre che vi fosse una situazione di pericolo per gli occupanti», ha ribadito mercoledì il portavoce dalla guardia costiera Cosimo Nicastro, ospite di Cinque Minuti. Qui però bisogna chiarire il significato tecnico che la parola «pericolo» assume nel contesto delle attività di ricerca e soccorso. Il piano Sar definisce «fase di pericolo», abbreviata Detresfa, la situazione in cui «si può ritenere che una nave o una persona è minacciata da un grave e imminente pericolo e ha bisogno di soccorso immediato». Questo però è solo il terzo momento, il più rischioso, di un evento Sar. È preceduto da altri due: incertezza (Incerfa) e allertamento (Alerfa). La stessa distinzione è presente nel regolamento Frontex del 2014.

A OGNUNO di questi momenti corrispondono procedure specifiche che hanno l’obiettivo di monitorare la situazione e preparare – da subito, cioè dall’arrivo di una notizia di un pericolo anche solo potenziale – l’eventuale intervento. La recente sentenza del tribunale di Roma sul «naufragio dei bambini», avvenuto l’11 ottobre 2013 pochi giorni dopo l’altra strage di migranti davanti a Lampedusa, ha ribadito che il soccorso in mare è da intendere come un unico momento composto dalle tre fasi.

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PER IL CAICCO naufragato nel crotonese, però, nessuno ha aperto un caso di ricerca e soccorso. Neanche in «fase di incertezza», che lo stesso piano Sar definisce quella in cui «si può sospettare della sicurezza di una nave e delle persone che vi sono a bordo, o di singole persone». Eppure nella segnalazione di Frontex c’erano tutti gli elementi per, quantomeno, «sospettare» dei rischi per le persone a bordo. Anche perché è pacifico che i barconi su cui viaggiano i migranti non rispettano le norme di sicurezza della navigazione.

INTANTO IERI DIECI parlamentari di «Alleanza verdi e sinistra» hanno depositato un esposto affinché si chiariscano tutte le circostanze e le eventuali responsabilità che potrebbero aver causato la strage al largo delle coste calabresi. «Abbiamo appena presentato al posto di polizia del Senato un esposto con cui chiediamo alla procura di Roma, non di Crotone, di aprire un’indagine sulle responsabilità ministeriali riguardo alla tragica sventura avvenuta a Crotone – afferma il co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli – perché vogliamo sapere se ci sono responsabilità sui soccorsi non di tipo locale ma ministeriale».

DOVE I MINISTERI coinvolti sono l’Interno, cioè Matteo Piantedosi, e le Infrastrutture, guidato da Matteo Salvini. «Vogliamo sapere se ci sono state direttive sottintese che avevano l’obiettivo di non fare uscire le navi della guardia costiera», continua Bonelli.