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Aiuti umanitari per 339 milioni di persone in 69 Paesi: un essere umano su 23, una cifra in aumento rispetto al 2022

Aiuti umanitari per 339 milioni di persone in 69 Paesi: un essere umano su 23, una cifra in aumento rispetto al 2022
Si tratta di 65 milioni di persone in più. L’ONU ha stimato che serviranno 51,5 miliardi di dollari per far fronte alle crisi ormai fuori controllo, un aumento netto del 25% rispetto alla cifra stimata per il 2022
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ROMA - Secondo il rapporto annuale dell’ONU Global Humanitarian Overview (GHO), nel 2023 ben 339 milioni di persone avranno bisogno di aiuti umanitari in 69 Paesi. Si tratta di un essere umano su 23, una cifra in aumento rispetto al 2022 (+65 milioni di persone). L’ONU ha stimato che serviranno 51,5 miliardi di dollari per far fronte alle crisi ormai fuori controllo, un aumento netto del 25% rispetto alla cifra stimata per il 2022.

Il rapporto dell’Alto Commissariato per i Rifugiati. Non è solo un problema di mancanza di fondi. Secondo lo stesso rapporto, la quantità di denaro donata negli ultimi dieci anni da governi (principalmente occidentali) e da privati cittadini e cittadine è in aumento. Ma continua a non essere sufficiente, perché le crisi si moltiplicano e crescono i costi di gestione. I dati contenuti nel report “Underfunded” pubblicato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) lo scorso settembre sottolineano proprio questo. Ad esempio, in 12 Paesi le operazioni dell’UNHCR non sono finanziate nemmeno al 50%: Bangladesh, Ciad, Colombia, Etiopia, Iraq, Giordania, Libano, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan, Sudan, Uganda e Yemen soffrono una “carenza cronica” di fondi. Il numero di persone sfollate, 103 milioni, è il più alto mai registrato dall’ONU.

Appelli finanziati a metà. A confermare la tendenza ci sono anche i dati dell’OCHA, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari che coordina le richieste di aiuti delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni umanitarie. Nel 2022, gli appelli raccolti dall’ONU sono stati finanziati per meno della metà del necessario. I dati non comprendono l’operato della Croce Rossa ma sono ben rappresentativi del quadro generale. Tra gli appelli che non hanno raggiunto il 50% dei traguardi prefissi ci sono Yemen, Somalia, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Sudan, alcuni programmi per la Siria e per la popolazione Rohingya.

Aumentano i costi di gestione delle risposte umanitare. Tuttavia, i fondi per i programmi umanitari non sono diminuiti. Anzi, sono aumentati stabilmente negli anni. Il problema è che aumentano anche i costi di risposta alle crisi – e aumenta il numero di crisi. COVID-19, guerra in Ucraina, catastrofe climatica, sono tutti fattori che rendono le risposte umanitarie sempre più complesse e costose. Per esempio, il costo dell’approvvigionamento mensile del Programma Alimentare Mondiale (World Food Programme) è aumentato del 44% negli ultimi anni. Il COVID-19 ha complicato le procedure di distribuzione, mentre la crisi ucraina ha fatto aumentare il costo del cibo.

Crisi dimenticate. Nel 2022 la mancanza di fondi ha colpito gravemente paesi come Burkina Faso, Guatemala, Burundi, Mali. È arrivato circa un terzo della cifra richiesta. In paesi come la Repubblica Centrafricana, Libia e Ucraina invece è stato raggiunto almeno il 75% dell’obiettivo. Come mai? Al di là delle considerazioni politiche, molti lavoratori del settore hanno notato come sia difficile per alcuni Paesi e alcune situazioni suscitare attenzione e quindi attrarre fondi. La mobilitazione per l’Ucraina è stata compatta, massiva ed efficace. Altre situazioni, seppure ben note e talvolta croniche, non hanno ricevuto la stessa risposta.

Aumentano i costi delle crisi. Insomma, le notizie sono due. I finanziamenti per i progetti umanitari risultano insufficienti in relazione ai bisogni umanitari, che crescono di intensità e di frequenza. E poi in particolare nel 2021 la maggior parte dei fondi è stata impiegata per rispondere alla crisi ucraina, che ha fatto aumentare in modo vertiginoso il numero di persone costrette a migrare. Non solo: le ripercussioni economiche si sono fatte sentire in molte altre aree del globo, e in particolare l’aumento dei prezzi di cibo e carburante ha innescato molte altre piccole catastrofi nel continente africano e nell’area mediorientale. Secondo il Fondo Monetario internazionale, con il nuovo anno l’inflazione globale aumenterà del 9,5% nei Paesi in via di sviluppo (e del 6,6% nel Paesi ad economia avanzata).