SCENARI

L’Onu: «Se le acque di mari e oceani saliranno ancora, un miliardo di persone migrerà»

di Luca Zanini

L'Onu: «Se le acque di mari e oceani saliranno ancora, un miliardo di persone migrerà» Una tempesta sommerge la penisola di un faro (foto Wmo)

Troppa acqua o troppo poca. I cambiamenti climatici sconvolgono gli equilibri idrogeologici del Pianeta. Così, mentre in Italia si discute della preoccupante siccità che potrebbe compromettere le campagna agricole del 2023, nel resto del mondo gli allarmi legati alla mancanza di piogge si alternano a quelli legati alle troppe piogge e, in moltissimi Paesi, all’innalzamento dei livelli dei mari. All’inizio di questa settimana, rivolgendosi al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il segretario generale António Guterres ha lanciato un appello ribadendo la necessità di ridurre drasticamente le emissioni di carbonio e al contempo affrontare problemi come la povertà che peggiorano l’impatto dell’innalzamento delle acque sulla vita delle comunità costiere.

Il segretario generale dell’Onu Guterres rilancia al Consiglio di sicurezza l'allarme sull’innalzamento dei livelli del Pianeta Blu, legato al climate change: «Urge ridurre drasticamente le emissioni di carbonio, altrimenti milioni di persone resteranno senza casa e saranno costrette a migrare verso terre più alte». La minaccia di un «esodo biblico»

«Servono subito — ha detto la martedì — nuove leggi internazionali per proteggere coloro che sono rimasti senza casa e persino apolidi». Sì perché il numero di profughi climatici già cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi 10 anni potrebbe raggiungere i 216 milioni entro il 2050, avverte Andrew Harper, consigliere speciale sull’azione climatica dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR). Nel 2020 i soli sfollamenti interni ai Paesi erano stati 40,5 milioni, mentre nel settembre 2022 nel solo Pakistan le alluvioni avevano provocato 33 milioni di sfollati, sottolinea la Ong Inside Climate.

Un ‘torrente di guai’ per 1 miliardo di noi

Non solo siccità e carestie, infatti, muovono intere popolazioni che abbandonano le loro terre alla ricerca di patrie migliori: l’aumento del ritmo di innalzamento del livello di mari e oceani minaccia di provocare a breve «un esodo di massa su scala biblica», avverte il segretario Onu. I dati sono spaventosi: la crisi climatica sta provocando l’aumento più veloce del livello dei mari mai registrato negli ultimi 3000 anni. Il gioco di parole può sembrare irriguardoso, ma «un torrente di guai minaccia quasi un miliardo di persone» — ha detto Guterres al Consiglio di Sicurezza dell’Onu — da Londra a Los Angeles e da Bangkok a Buenos Aires, si registrano già situazioni preoccupanti. E alcuni Paesi potrebbero cessare di esistere, sommersi da onde degne del Diluvio Universale».

Due ragazzi nuotano in attesa dei soccorsi in una cittadina del Kalimantan, in Indonesia, colpita dalle alluvioni (foto Greenpeace) Due ragazzi nuotano in attesa dei soccorsi in una cittadina del Kalimantan, in Indonesia, colpita dalle alluvioni (foto Greenpeace)

Nelle zone basse 900 milioni di persone

In qualsiasi scenario di aumento della temperatura, nazioni popolose — dal Bangladesh alla Cina, dall’India ai Paesi Bassi — saranno a rischio: le megalopoli di ogni continente dovranno affrontare gravi conseguenze. Il pericolo è particolarmente grave per circa 900 milioni di persone che vivono nelle zone costiere a bassa quota, una persona su dieci sulla terra. Csaba Kőrösi, attuale presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha poi ricordato che «tra 250 e 400 milioni di persone avranno probabilmente bisogno di costruire nuove case più lontane dal mare nell’arco dei prossimi 80 anni o meno». E che ci saranno crisi alimentari legate alla perdita di aree coltivabili lungo i grandi fiumi la cui salinizzazione sarà sempre più penetrante nell’entroterra (come accade sul nostro Po), in particolare lungo i fertili delta di Nilo e Mekong.

L’onda dei profughi climatici

Come ha scritto su Pianeta 2030 Edoardo Vigna intervistando lo scrittore Suketu Mehta: «Le migrazioni climatiche saranno le più importanti, i Paesi responsabili dovranno accogliere i profughi». Le preoccupazioni più immediate riguardano le nazioni in via di sviluppo che hanno territori estesi su arcipelaghi: «Entro il 2050, ovvero nel tempo che vivranno i nostri figli e nipoti — ha avvertito Coral Pasisi, direttore per il Cambiamento climatico della Comunità del Pacifico e presidente dell’ong Tofia Niue — l’innalzamento del livello del mare avrà superato almeno un metro per la maggior parte dei piccoli Stati insulari, uno cambiamento che permarrà per migliaia di anni». Bogdan Aurescu, ministro degli Esteri rumeno e copresidente del Gruppo di studio sull’innalzamento del livello del mare della Commissione di diritto internazionale Onu, ha convenuto che il livello del mare legato ai cambiamenti climatici rappresenta «un rischio reale per oltre i due terzi degli Stati membri delle Nazioni Unite».

Acque alte, «moltiplicatore di minacce»

Il tema sarà al centro del prossimo rapporto dell’Ipcc, l’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite, a tre anni di distanza dalla relazione sugli Oceani del 2019. Non solo. Le acque di mari e oceani che si alzano e invadono i territori costieri costituiscono «un moltiplicatore di minacce». A rischio non soltanto le vite umane, ma anche interi ecosistemi, tesori ambientali unici, eppoi sistemi economici e infrastrutture. Le ricadute saranno sì economiche ma anche politiche, con il moltiplicarsi di «drammatiche conseguenze» per la pace e la sicurezza globali. Nel 2020, il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha stabilito che è illegale per i governi rimpatriare le persone in Paesi in cui le loro vite potrebbero essere minacciate dalla crisi climatica. E una commissione di diritto internazionale sta valutando la situazione giuridica dei profughi climatici caso per caso. «I diritti umani delle persone — ha ammonito Guterres — non scompaiono perché le loro case scompaiono. Questo significa rivendicare il diritto internazionale dei rifugiati».

Un’immagine delle alluvioni che nell’autunno 2022 hanno provocato ingenti danni in Pakistan, costringendo 33 milioni di persone a lasciare le loro case (foto Unhcr) Un’immagine delle alluvioni che nell’autunno 2022 hanno provocato ingenti danni in Pakistan, costringendo 33 milioni di persone a lasciare le loro case (foto Unhcr)

Il fenomeno più grave da 11 mila anni

Al momento, secondo i dati del servizio climatico della NASA, i livelli dei nostri mari sono aumentati mediamente di 20 centimetri dal 1900 al 2020. Ma l’agenzia statunitense National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) sottolinea come tra il 1993 e il 2021 sia stato segnato il record di aumento con + 97 millimetri. I più recenti studi dell’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) mostrano come i livelli del mare stiano aumentando a velocità doppia rispetto al passato e, su scala globale, gli Oceani si siano riscaldati più velocemente nell’ultimo secolo che in qualsiasi momento negli ultimi 11.000 anni. Adesso poi che è previsto un possibile ritorno di El Nino, le temperature da qui all’estate 2024 potrebbero salire ancora molto. E quando l’acqua più calda si espande e raggiunge le calotte polari il livello delle acque marine aumenta per lo scioglimento dei ghiacci. «Un significativo innalzamento — sottolineano gli esperti — è già inevitabile con gli attuali livelli di riscaldamento globale, ma le conseguenze della mancata risoluzione del problema sono “impensabili”». Non sarebbe più garantita la sicurezza alimentare e idrica di intere popolazioni.

Paesi destinati a scomparire per sempre

Le migrazioni climatiche legate anche alla salinizzazione dei terreni in costa riguarderanno anche lì'Italia, come avevamo scritto su Pianeta 2030 l’estate scorsa. E per tanti Paesi del Mediterraneo l’emergenza acque alte arriverà più velocemente che altrove. Lo stesso segretario generale Guterres ha ripetuto:«Comunità che abitano territori in depressioni geologiche e interi Paesi potrebbero scomparire per sempre. Assisteremmo a un esodo di massa e vedremmo svilupparsi una concorrenza sempre più feroce per accaparrarsi l’acqua dolce, la terra e altre risorse». Certo, al momento è stato «miracolosamente limitato a + 1,5° C il surriscaldamento globale» (ndr. non nell’area del Mediterraneo, dove già sfiora i 2,5 gradi), ma se anche globalmente l’aumento delle temperature fosse limitato nei prossimi anni a 2°C (con gli attuali obiettivi di riduzione delle emissioni si parla di un + 2,4°) l'innalzamento del livello dei mari entro il 2100 sarebbe di circa 50 centimetri.