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Profughi, sfruttati, sottopagati, abusati: le difficoltà delle persone migranti nei Paesi di transito e di accoglienza nell’ultimo rapporto di Alarm Phone

Profughi, sfruttati, sottopagati, abusati: le difficoltà delle persone migranti nei Paesi di transito e di accoglienza nell’ultimo rapporto di Alarm Phone
L’ultimo rapporto dell’ONG Alarm Phone fa luce sullo sfruttamento lavorativo delle persone migranti sia nei paesi di transito che di accoglienza. Il dossier parla della Spagna come approdo, di Marocco e Algeria come Paesi intermedi
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ROMA - Agli occhi degli occidentali la migrazione è sempre raffigurata con una barca sovraffollata in balia delle onde o con l’immagine di un naufragio. Eppure c’è tutto un aspetto di cui si parla poco e che riguarda le forme di sfruttamento a cui vanno incontro le persone in movimento quando, nei Paesi di transito o di accoglienza, vivono in una specie di limbo senza documenti e senza diritti, e per questo più esposte allo sfruttamento.

Il dossier di Alarm Phone. Che si parli di Marocco e di Algeria o di Spagna, il risultato finale non cambia: su entrambe le sponde del Mediterraneo e dell’Atlantico, i migranti vengono sfruttati. I motivi sono svariati: le barriere linguistiche creano una difficoltà di comunicazione che rende difficile conoscere i propri diritti, contrattare condizioni di lavoro dignitose, ribellarsi ai soprusi. La difficoltà di accedere a una qualsiasi forma di protezione legale è complicata dalla burocrazia. La mancanza di documenti e di uno status giuridico definito, una situazione che in Spagna può durare anche sette anni, rende le persone particolarmente esposte allo sfruttamento. Anche perché, documenti o no, tutti hanno bisogno di lavorare per sopravvivere.

I dati delle Nazioni Unite. Secondo le statistiche dell’ONU, tra la fine di giugno e l’inizio di ottobre 2022 in Spagna continentale sono arrivate 9.420 persone. Altre 3.666, nello stesso periodo, hanno raggiunto le isole Canarie seguendo la rotta atlantica. In generale l’immigrazione dal Marocco verso le coste spagnole ha subito un calo rispetto a qualche anno fa. Secondo il quotidiano El Pais la causa è dovuta al fatto che il governo Sanchez ha deciso di sostenere il progetto di autonomia del Marocco nel Sahara Occidentale. Questo piano però viene contestato dall’Algeria, per cui se diminuiscono le partenze dalla costa marocchina in virtù di una rinnovata collaborazione tra Madrid e Rabat, aumentano invece le partenze dalla costa algerina verso le Baleari e l’Andalusia.

Il guadagno medio di un immigrato in Spagna. Alarm Phone mette in evidenza i guadagni medi di un immigrato, tanto nei paesi di transito quanto in quelli di destinazione: dai 150 ai 500 euro, per i più fortunati. Le condizioni di pagamento migliorano leggermente quando le persone ottengono i documenti, ma ricevono comunque sempre dal 30 al 60 per cento in meno rispetto ai lavoratori autoctoni. Un rapporto del difensore civico del 2019 evidenzia come interi settori dell’economia spagnola dipendano dal lavoro dei migranti: l’ospitalità, l’edilizia, l’agricoltura, il commercio. Gli immigrati reggono questi settori ma guadagnano il 56 per cento in meno rispetto ai locali. Inoltre hanno tutti un titolo di studio superiore: chi la laurea, chi invece ha completato la scuola secondaria, e potrebbero dunque aspirare ad avere un lavoro più qualificato.

Lo sfruttamento nell’agricoltura spagnola. Huelva, Murcia, Lleida, sono tre regioni spagnole a trazione agricola dove l’abuso dei diritti è praticato sistematicamente. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) scrive che su 169 milioni di lavoratori migranti a livello globale, 12 milioni sono impiegati nell’agricoltura. Il 61,2 per cento di tutti i lavoratori agricoli nell’Unione Europea non ha un contratto regolare. In un contesto di grande competizione globale, la produzione agricola su larga scala fa ricorso ai migranti per avere manodopera economica e facilmente sfruttabile. Il 27 per cento – scrive Alarm Phone – dei lavoratori agricoli in Spagna è straniero nonostante i migranti rappresentino solo l’11 per cento della popolazione.

Lo sfruttamento in Marocco. La società marocchina è caratterizzata da forti disuguaglianze, con poche famiglie benestanti a fronte di una massa poverissima che vive soprattutto nelle campagne. I due terzi dei marocchini che emigra, lo fa esclusivamente per ragioni economiche. Le cose peggiorano per la popolazione nera dell’Africa sub-sahariana. I sindacati marocchini non hanno le forze per lottare per i diritti delle persone in movimento. L’organizzazione dei lavoratori migranti ODT-TIM (Organisation Démocratique du Travail – Immigrés au Maroc) è stata fondata nel 2012 con lo scopo specifico di aiutare i subsahariani, ma non riesce a intervenire al di fuori della capitale. La gran parte dei subsahariani lavora in nero, perché non ha i documenti e dunque non può accedere né ad abitazioni dignitose – per le quali servirebbe la residenza - né a contratti regolari, per i quali pure servirebbe la residenza e dunque i documenti.

La tratta delle donne. E questo accade soprattutto nelle grandi città come Casablanca, Tangeri o Rabat. La gran parte delle donne lavora come domestiche nelle case delle famiglie più benestanti. Altrimenti, in mancanza di alternative, è costretta a praticare l’accattonaggio, insieme ai bambini, soprattutto nella zona di Nador. Anche in Marocco è diffuso il fenomeno della tratta: donne dell’Africa sub-sahariana che vengono attratte con l’inganno e con la scusa di un lavoro sicuro in Europa e invece vengono trattenute nel paese, di solito nell’area di Oujda, per lavorare come domestiche di giorno e prostitute di notte.