Dopo oltre duecento giorni di sciopero della fame, e a quattro giorni dall’ultimo sorso d’acqua ingerito, l’attivista e blogger egiziano Alaa Abdel Fattah è stato sottoposto a cure mediche all’interno del carcere di Wadi el Natroun dove sta scontando una condanna di cinque anni dopo essere stato inserito nella lista nazionale dei terroristi e aver affrontato accuse di aver diffuso fake news per aver pubblicato un post su Facebook.

Da giorni i famigliari di Alaa chiedono un disperato aiuto ai leader internazionali riuniti alla Cop27 che si tiene a Sharm el Sheikh in Egitto. La sorella Sanaa Seif si è rivolta anche al presidente degli Stati Uniti Joe Biden che ha incontrato il generale egiziano Abdel Fattah al Sisi alla Conferenza delle Nazioni unite sul clima. «La nostra perdita sarà la più grande. Non è un bene per nessuno. Perché sta succedendo questo? Perché si è arrivati a questo punto?», ha detto Sanaa che ha svolto una conferenza stampa per chiedere la liberazione del fratello.

Le condizioni di salute

Laila Soueif, mother of jailed pro-democracy activist Alaa Abdel-Fattah, who this week escalated a food and water strike demanding his release, holds his picture during an interview with the Associated Press at her home in Cairo, Egypt, Thursday, Nov. 10, 2022. Abdel-Fattah, who has been in prison for most of the past decade, is serving a five-year sentence on charges of disseminating false news for retweeting a report in 2019 that another prisoner died in custody. (AP Photo/Amr Nabil)

Non è chiaro quali siano le condizioni di salute di Alaa Abdel Fattah. Le autorità carcerarie hanno vietato alla madre e all’avvocato di fargli visita, come accade da mesi, e si sono limitate a riferire che attualmente il blogger sta ricevendo cure mediche e sta bene.

Ma la madre Laila Soueif non si fida, secondo i dati di il Nadim Centre for the Rehabilitation of Victims of Violence, soltanto nell’ultimo anno sono morte 40 persone nelle carceri egiziane. Parlando con l’Associated Press ha detto: «Credo che le probabilità che non esca e che non sia al sicuro siano molto alte». Secondo Soueif «bisogna considerare il fatto che in questo paese le cose non accadono come previsto, (c’è) ignoranza e inettitudine, potrebbero ucciderlo senza volerlo». Ma la procura del Cairo è lapidaria nelle comunicazioni. In una nota si è limitata a dire che Alaa Abdel Fattah «non ha bisogno di essere trasferito in ospedale», e che «tutti i segnali vitali sono normali».

Gli arresti

Alaa Abdel Fattah ha passato parte dei suoi quarant’anni di vita in carcere. Il primo arresto risale al periodo del regime di Hosni Moubarak: nel 2006 viene incarcerato per 45 giorni per aver partecipato a una manifestazione pacifica in favore di una magistratura indipendente. Cinque anni più tardi diventa uno dei volti della rivoluzione egiziana di piazza Tahrir iniziata il 25 gennaio del 2011 e che ha portato alla deposizione dell’allora presidente egiziano.

Nell’ottobre di quello stesso anno è stato arrestato da un tribunale militare per aver raccontato il massacro di Maspero, durante il quale Abdel Fattah aveva denunciato la violenza degli apparati militari contro i civili. Ma l’ultima decade è stata quella più nera. Alaa ha passato di fatto gli ultimi nove anni della sua vita in condizioni che hanno limitato la sua libertà personale. Nel 2013 viene arrestato per aver partecipato a una manifestazione pacifica fuori il parlamento egiziano. Sei anni più tardi viene rilasciato ma con l’obbligo di passare ogni notte dalle sei del pomeriggio alle sei di mattina in una stazione di polizia. Per molti un accanimento inconcepibile.

Per cercare di superare lo stallo processuale, nell’aprile del 2022 ha acquisito la cittadinanza britannica tramite la madre che è nata a Londra. Ma da quel momento non gli è stato permesso di incontrare i funzionari consolari. «Nel momento in cui mio fratello è diventato cittadino britannico, pensavamo che qualcosa sarebbe cambiato. Non solo perché finalmente aveva un altro passaporto, ma anche per le buone relazioni che esistono tra Egitto e Regno Unito», aveva detto al Guardian Mona Seif, sorella di Alaa dopo aver preso la cittadinanza.

Se con il governo di Boris Johnson non sono stati compiuti passi avanti, il neo premier britannico Rishi Sunak sembra deciso a prendere sul serio il suo caso. Sunak ha scritto una lettera ai famigliari di Abdel Fattah prima di andare in Egitto per la Cop27 nella quale ha ribadito che il governo britannico è «totalmente impegnato» per il suo rilascio. «Stiamo seguendo il caso del vostro familiare, per noi è una priorità risolverlo vista la posizione di difensore dei diritti umani e cittadino britannico. Continuerò personalmente a pressare il presidente al-Sisi al fine della sua liberazione», ha scritto Sunak.

«Credo che abbia intenzione di fare tutto il possibile per salvare Alaa – ha detto la sorella Sanaa Seif – riponiamo le nostre speranze in lui. Credo davvero che se farà di questo problema una priorità politica urgente, mio fratello sarà sul prossimo volo per Londra».

La lettera

Alaa Abdel Fattah si trova detenuto in condizioni disumane. Per due anni e mezzo, riferiscono i suoi avvocati e famigliari è stato in una cella senza luce solare, senza libri e senza poter svolgere esercizio fisico. Inizialmente è stato detenuto nelle ali di massima sicurezza del carcere di Tora, ma da poco è stato trasferito alla nuova prigione di Wadi al Natroun. Gli sono state concesse solo una visita al mese per massimo venti minuti e senza un momento di privacy.

Difficile sopportare psicologicamente il peso di una detenzione simile. Per questo, Alaa, tramite una lettera, ha annunciato il suo sciopero della sete in concomitanza con l’inizio della Cop27. «Ho deciso di intensificare, al momento opportuno, la mia lotta per la libertà mia e di tutti i prigionieri», ha scritto. Finora il governo egiziano non ha risposto alle domande dei giornalisti che hanno portato il caso di Alaa Abdel Fattah alla kermesse sul clima che si tiene in Egitto. Il 10 novembre, in conferenza stampa il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shukry ha rifiutato di rispondere alle domande e ha suggerito che alcuni paesi stanno usando la questione per distrarre dagli impegni sul clima. Intanto, ironicamente, parte della società civile egiziana ha soprannominato la Cop27, come la Cop dei diritti umani. Nelle ultime due settimane, le associazioni denunciano oltre tremila arresti.

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