Israele e Libano hanno trovato un accordo sui propri confini marittimi

Il presidente libanese Michel Aoun, a sinistra, riceve la bozza finale dell'accordo con Israele dal vice primo ministro Elias Bou Saab (Dalati Nohra via AP)
Il presidente libanese Michel Aoun, a sinistra, riceve la bozza finale dell'accordo con Israele dal vice primo ministro Elias Bou Saab (Dalati Nohra via AP)

Martedì Israele e Libano hanno trovato un accordo sui propri confini marittimi e sullo sfruttamento dei giacimenti di gas naturale al largo delle rispettive coste, nel mar Mediterraneo orientale. Quello concluso oggi e annunciato dal primo ministro israeliano Yair Lapid è considerato un accordo storico: da anni tra Israele e Libano era in corso una disputa sui diritti di esplorazione nei giacimenti e di recente si era temuto che la questione potesse provocare un nuovo conflitto tra i due paesi, che sul territorio libanese non combattono da oltre 15 anni.

L’accordo stabilisce per la prima volta un confine tra le zone economiche esclusive libanesi e quelle israeliane, ovvero le fasce di mare in cui un paese ha diritto esclusivo allo sfruttamento economico delle risorse marine; introduce inoltre un meccanismo con cui entrambi i paesi potranno dividersi i ricavi di un giacimento di gas attraversato dal confine. Le negoziazioni sono state mediate dagli Stati Uniti e stando a quanto riferisce Reuters sono state approvate da Hezbollah, gruppo radicale sciita libanese molto vicino all’Iran ma molto influente all’interno del governo libanese. A giugno Hezbollah aveva cercato di attaccare una nave israeliana utilizzata per il trattamento del gas dopo che Israele aveva avviato alcune attività esplorative in un giacimento che il Libano considerava proprio.

Israele e Libano avevano entrambi buoni motivi per contendersi i giacimenti. Al Libano, paese che si trova da tempo in una crisi economica molto grave, permetterebbero di rilanciare l’economia, aumentare l’occupazione e limitare la propria dipendenza da fonti energetiche straniere. A Israele consentirebbero invece di fare nuovi affari con l’Unione Europea, proponendosi come esportatore di gas in un momento in cui i paesi europei stanno cercando di ridurre la propria dipendenza energetica dalla Russia.

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