La Lega araba snobba la Libia. Alla riunione periodica e consultiva dell’organismo prevista a Tripoli lo scorso 22 gennaio, si sono presentati solo una manciata di alti diplomatici arabi, mentre i ministri degli Esteri della gran parte del 22 paesi si sono defilati sostenendo che il mandato del governo di Tripoli è ormai ampiamente terminato. Solamente cinque stati membri hanno inviato i loro ministri degli Esteri, le vicine Tunisia e Algeria, Palestina, Sudan e Isole Comore. 2

Alcuni hanno mandato a Tripoli rappresentanti minori, mentre altri hanno disertato l’incontro. In primis l’Egitto, il cui ministro degli Esteri Sameh Shoukry ha creato una caso politico lo scorso settembre quando si è ritirato da una sessione della Lega Araba presieduta da Najla Mangoush, ministra degli Esteri dell’amministrazione libica di Tripoli, proprio in opposizione al governo del primo ministro Abdel Hamid Dbeibah. Il Cairo contesta la validità dell’esecutivo tripolino dopo che il parlamento libico di Tobruch ha nominato premier Fathi Bashagha lo scorso anno.

I grandi assenti

Pesantissime le assenze dei ministri degli Esteri delle monarchie del Golfo, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, così come del segretario generale della Lega Araba Ahmed Aboul-Gheit. Contro quest’ultimo accusato non solo di disertare l’incontro, ma di aver tentato in ogni modo di ostacolarlo, la Libia sta valutando la possibilità di intraprendere azioni.

«La sessione è da considerarsi valida e regolare – ha dichiarato il portavoce del governo di unità nazionale, Mohammed Hammouda – in quanto si è svolta secondo la Carta dell’organizzazione della Lega Araba» e, dopo aver ricordato che questi meeting non necessitano di un quorum per la convocazione, ha aggiunto che «quello che ha fatto il segretariato generale della Lega Araba è un pregiudizio verso uno stato membro». L’atteggiamento di molti dei paesi arabi emerso così clamorosamente in questa occasione, mette ancora più in evidenza la crisi politica che attraversa da tempo il paese maghrebino.

Caos libico

Da quando le tanto attese elezioni politiche che si sarebbero dovute svolgere nel dicembre 2021 al fine di condurre il paese finalmente a una nuova fase di unità politica e ricostruzione sociale, sono state cancellate, la Libia è nuovamente precipitata in una fase di stallo prossima al caos. Da mesi, infatti, è spaccata in due: da una parte il governo di unità nazionale con sede a Tripoli del primo ministro Abdul Hamid Dbeibah, riconosciuto dall’Onu e dalla comunità internazionale, sostenuto da paesi come la Turchia, dall’altra il governo di stabilità nazionale con a capo il premier designato Bashagha, con sede a Tobruch in Cirenaica, che ha goduto per mesi dell’appoggio di Egitto e Russia.

Il primo ministro Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh, salito al potere nel marzo 2021, ha sempre ribadito di non voler fare alcun passo indietro senza un verdetto elettorale. Per il parlamento di Tobruch, invece, il premer designato per il paese è Fathy Bashagha. Gli scontri tra le due fazioni, innescati a maggio quando parlamentari cirenaici capeggiati da Bashagha si sono presentati a Tripoli reclamando il governo, hanno raggiunto l’apice nell’agosto quando 32 persone sono state uccise e oltre 160 ferite nel centro della capitale.

Il timore della guerra civile

Dopo un periodo di relativa calma, quindi, si teme per un ritorno alla guerra civile. Non a caso, a dicembre, l’inviato speciale dell’Onu per la Libia, Abdoulaye Bathily, ha parlato di segnali di divisione già evidenti aggiungendo che la crisi politica «compromette la sicurezza e minaccia la stessa esistenza dei libici».

Cavalcando l’onda del dissenso arabo verso la riunione tenutasi il 22 gennaio, Bashagha ha definito l’appuntamento una «farsa» orchestrata da Dbeibah. Ha poi esaltato gli stati membri che hanno boicottato il meeting tripolino e invitato Algeria e Tunisia a riconsiderare la loro posizione.

La ministra degli Esteri libica Najla Al-Mangoush, prima donna a presiedere una riunione ministeriale della Lega Araba lo scorso settembre, insiste sul diritto della Libia a «esercitare pienamente i suoi diritti di leader di turno della Lega». Dalla sua ha la capacità petrolifera del suo paese. Come dichiarato dal ministro del Petrolio e del Gas del governo di unità nazionale libico Mohamed Aoun, le forniture si aggirano attorno a un milione e 200 mila barili al giorno, mentre la quantità di gas naturale sui due miliardi e 600 milioni di piedi cubi. In un momento di grave crisi energetica, una simile risorsa, a due passi dall’Europa, fa gola a molti.

Il governo italiano, infatti, è proprio in questi giorni impegnato in un tour in cerca di alleanze nel campo con paesi maghrebini. La strategia complessiva ruota, per il momento, attorno al vago titolo di «ruolo italiano di hub dell’energia» da concordare con i paesi africani a cominciare dal nord. Non sarà semplice farlo con un paese nuovamente caotico come la Libia.

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