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Dossier

​La Fao: “Tre miliardi di persone non possono permettersi una dieta sana”

​La Fao: “Tre miliardi di persone non possono permettersi una dieta sana”

Il 16 ottobre è la Giornata mondiale dell'alimentazione e per la Fao quest’anno cade in un momento che non ha precedenti nella storia. Il trend che, sia pure con alti e bassi stava portando verso una riduzione del numero degli affamati si sta invertendo per due motivi. Primo: “Stiamo affrontando numerose sfide sovrapposte dovute a disastri naturali e causati dall'uomo: alcuni si ripetono ogni anno, altri sono imprevisti e imprevedibili”. Secondo: “Dopo oltre due anni di pandemia globale, con interruzioni delle catene di approvvigionamento internazionali e ora con l'impatto della guerra in Ucraina, ci rimane un'economia globale debole. I più vulnerabili sono stati spinti sull'orlo della fame. Nel mondo ci sono 3,1 miliardi di persone che non possono permettersi una dieta sana”.

Tuttavia, prosegue la Fao, cresce anche la voglia di uscire dall’angolo in cui ci ha costretto l’intreccio delle crisi, da quella climatica a quella geopolitica. C’è una “maggiore e rafforzata volontà politica sulla sicurezza alimentare da parte di tutti i politici, società e partner chiave, dai Paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo, dalle nazioni ricche a quelle povere, a livello locale, nazionale, regionale e globale”. 

Possiamo farcela. Possiamo provare ad assicurare a tutti il cibo necessario, ma a patto di abbandonare l’idea di un modello agricolo unico, super industrializzato e ad alto impatto ambientale. Le fattorie su piccola scala – ricorda la Fao - producono più di un terzo del cibo mondiale: “Sono le fondamenta dei nostri sistemi agroalimentari, eppure troppo spesso sono escluse dalle opportunità. Se siamo veramente impegnati a garantire che nessuno venga lasciato indietro, dobbiamo trasformare i nostri attuali sistemi agroalimentari per fornire pari opportunità a tutti i produttori e aiutare i piccoli agricoltori ad accedere a nuovi mercati”.

Dunque da una parte un appello a lottare contro lo sperpero di un terzo del cibo prodotto. Un dato che in Italia si traduce, stima l’Osservatorio Waste Watcher, in una perdita annuale di oltre 15 miliardi di euro calcolando anche i costi energetici collegati agli alimenti che vengono buttati. Ogni settimana infatti gettiamo via 674 grammi di cibo pro capite. Mentre oltre 2,6 milioni di persone faticano a nutrirsi regolarmente a causa dell’aumento dei prezzi e dei rincari delle bollette e 5,6 milioni di individui (il 9,4% della popolazione) sono in condizione di povertà secondo i dati Istat 2021.

Dall’altra un appello a difendere la biodiversità agricola. Negli ultimi 100 anni, secondo la Fao, è scomparso il 75% delle specie vegetali impiegate in agricoltura. In Italia siamo passati dalle 8.000 varietà di frutta dell’inizio del secolo scorso a meno di 2.000, e la gran parte sono considerate a rischio di estinzione. 

Su questo obiettivo è centrata la campagna della Fondazione Seminare il futuro e di NaturaSì che, nella Giornata mondiale dell’alimentazione, rilanciano la richiesta di promuovere la ricerca e la produzione di sementi 100% biologiche impiegando varietà moderne e antiche. Semi di varietà locali, legate cioè alle caratteristiche delle aree di produzione, oppure selezionate in modo specifico le tecniche dell’agroecologica, cioè semi in grado di svilupparsi al meglio in campi in cui la chimica di sintesi non viene impiegata.

Del resto questa è anche la scelta dell’Unione Europea, ricorda Federica Bigongiali, direttrice della Fondazione Seminare il futuro: “La Strategia europea Farm to Fork prevede che entro il 2030 i campi biologici arrivino al 25% della superficie agricola del continente. Obiettivo importante e ambizioso visto che il bio copre oggi il 9% delle terre agricole europee (in Italia questo dato sale a oltre il 17%). Per moltiplicare i campi bio, così come indica il Green Deal, occorre partire dall’inizio, da semi adatti, resistenti alla sempre più incombente crisi climatica”.

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