I meriti della Polonia impegnata in prima linea nell’accoglienza degli ucraini in fuga dalla guerra – in parte per motivi di geografia politica e anche per una certa consonanza culturale e linguistica tra i due popoli – vanno riconosciuti.
Analizzando i dati forniti dalla Straz Graniczna (Sg), la polizia di frontiera polacca, nel 2022 il saldo tra ingressi in Polonia e rientri in patria ad anno in corso, ha registrato quasi +1,4 milioni di cittadini provenienti dall’Ucraina. Tale cifra curiosamente ricalca quella degli immigrati ucraini che erano già presenti in Polonia prima dell’invasione russa.

GIÀ AD APRILE SCORSO era stata ravvisata un’inversione di tendenza tra ingressi e arrivi legata a diversi fattori: la necessità di prendersi cura delle proprie proprietà, terriere e non, senza dimenticare la speranza, poi tradita dai fatti, che i russi non avrebbero ripreso a bombardare i principali centri urbani del paese.

Da un punto di vista demografico sono numeri impressionanti. Anche Biden ha voluto dare a Cesare quel che è di Cesare lodando gli sforzi della nazione polacca nell’accoglienza dei rifugiati ucraini questa settimana durante la sua visita a Varsavia. Una premessa non affatto scontata visto che la Polonia non ha di certo brillato per ospitalità negli ultimi anni dopo l’ascesa al potere della destra populista di Diritto e giustizia (Pis) nel 2015.

I fatti sembrano parlare da soli: il «nie» categorico dei governanti polacchi al ricollocamento di una quota di profughi siriani in Polonia proposto allora dall’Ue, e più di recente, i continui respingimenti di cittadini mediorientali che provano ad entrare dal confine bielorusso nonché la costruzione di due muri a ridosso proprio di Bielorussia e dell’enclave russa di Kaliningrad.

A MARZO SCORSO nelle settimane peggiori della crisi in cui si registravano più di centomila ingressi al giorno, la maggioranza del Pis si crogiolava nei propri presunti successi: «È davvero merito del governo se in Polonia non ci sono campi profughi», aveva dichiarato in modo inopportuno il vice premier Henryk Kowalczyk.

Amministrazioni locali, ong, volontari e cittadini sono come i “muscoli” che hanno consentito alla Polonia di spalancare le braccia, a tutti o quasi, dal 24 febbraio scorso. Molte persone in tutto il paese hanno accolto in casa propria madri, bambini e anziani a tempo indeterminato.

L’esodo improvviso e colossale dall’Ucraina ha spinto gli operatori umanitari in Polonia a rivedere le proprie priorità. Una situazione che ha riguardato soprattutto le organizzazioni con sede operativa nelle zone di confine, nei voivodati orientali di Lublino e Santacroce. «Con l’emergenza ucraina abbiamo dovuto mettere da parte le operazione di sostegno e soccorso ai migranti mediorientali che provano ad entrare dalla Bielorussia», spiega Anna Dobrowska dell’organizzazione Homo Faber con sede proprio a Lublino.

PER GLI IMMIGRATI arrivati in questo paese non sono tutto rose e fiori, soprattutto per le donne: dai casi di stupro soltanto in alcuni casi denunciati, passando per la doppia discriminazione subita dalle rom ucraine, fino a giungere ai volantini antiabortisti distribuiti dagli attivisti teocon alle profughe al loro ingresso in Polonia.

Al solito «corteo dell’indipendenza» dell’11 novembre – da sempre ostaggio della destra estremista ma nel 2022 con tanto di benedizione di Giorgia Meloni – si sono visti i primi slogan e discorsi ucrainofobi.

Trattasi di episodi isolati? Al momento pare proprio che sia così. «L’impegno della società polacca sulla questione ucraina è univoco. Allo stesso tempo seguendo l’onda dell’entusiasmo e della volontà non vanno dimenticate le grandi sfide che ci aspettano in ambiti quali mercato del lavoro, educazione, salute e politiche abitative», si legge in un rapporto preparato dal think tank polacco WiseEuropa.

SUL FUTURO DEGLI UCRAINI in terra polacca pesano anche alcune questioni formali. Come verrà gestita dal governo polacco la scadenza del permesso di soggiorno garantito d’ufficio a tutti gli ucraini in Polonia fino al 24 agosto 2023? La qualità delle risposte alle nuove sfide e incognite legate all’accoglienza e all’integrazione degli immigrati ucraini resta ancora tutta da verificare.