Esaurite le formalità di rito il governo si presenterà sul serio lunedì prossimo e lo farà con uno dei peggiori biglietti da visita immaginabili. Il consiglio dei ministri è convocato per le 12 e il primo punto all’ordine del giorno è la conferma dell’ergastolo ostativo, aggirando la Corte costituzionale che altrimenti interverrebbe l’8 novembre prossimo. «È una corsa contro il tempo per impedire che ai detenuti mafiosi possano aprirsi le porte del carcere pur in costanza del vincolo associativo», fanno sapere fonti di palazzo Chigi e quel che intendono è in realtà che la sola prova della fine di quel vincolo è il pentimento, cioè le denunce.

Nell’aprile 2021 la Consulta aveva dato al Parlamento un anno di tempo, poi prolungato di altri sei mesi, per modificare un provvedimento incostituzionale, sentenziando che non si possono negare scarcerazioni e pene alternative «in modo assoluto a chi non abbia utilmente collaborato con la giustizia». La Camera aveva poi approvato una proposta di legge che sostanzialmente confermava le norme anticostituzionali. La proposta non è stata poi votata dal Senato per lo scioglimento anticipato delle camere.

Ora il nuovo governo intende usare come base del decreto quello stresso testo – approvato a Montecitorio con un solo voto contrario e l’astensione di quello che oggi è il Terzo polo – con il quale si precludeva l’accesso del condannato ai benefici penitenziari in caso di «collaborazione con la giustizia inutile o irrilevante», si portavano da 26 a 30 gli anni scontati dopo i quali gli ergastolani possono chiedere la scarcerazione e si allargava l’area dei reati ostativi anche a quelli contro la Pubblica amministrazione.

Il nuovo guardasigilli Carlo Nordio, che passa per un faro di garantismo, ha specificato che la funzione rieducativa della pena impugnata dalla Consulta passa per attività come il lavoro e lo sport che però non devono necessariamente svolgersi fuori dal carcere, tanto più quando il governo intende costruire nuove prigioni. Il ministro ha anche commentato gli ultimi due suicidi in carcere, avvenuti venerdì, che portano a 72 il sinistro record, definendoli «una dolorosa sconfitta per ciascuno di noi e la conferma della necessità di occuparci da vicino del mondo penitenziario».

Tra le cause della strage però il guardasigilli è più vago e ne cita una sola: «La necessità di rinforzare gli organici di tutto il personale». La formula del governo e del nuovo ministro della Giustizia per affrontare il nodo di un sistema penitenziario incivile sembra essere «più carcere e più carceri». Così i detenuti in 416bis che non potranno vantare denunce che hanno portato a un congruo numero di arresti potranno rieducarsi fra le mura di cinta della galera.

Va da sé che sul tema le richieste dell’opposizione si limitano a sollecitare la piena conferma del testo approvato alla Camera nella scorsa legislatura, anche se con lo spirito della Carta e le indicazioni della Consulta c’entra ben poco. «Si riprenda quel testo, che tiene insieme le esigenze di sicurezza e la certezza della pena con l’art. 27 della Costituzione», commenta la responsabile Giustizia del Pd Anna Rossomando.

Il secondo punto in agenda lunedì in cdm è il rinvio al 30 dicembre prossimo delle disposizioni della riforma Cartabia. Cinque giorni fa 26 procuratori generali delle Corti d’Appello avevano scritto al ministro, al Csm e al procuratore generale di Cassazione chiedendo chiarimenti e interventi sulla riforma, in particolare sull’applicazione o meno delle nuove regole ai vecchi fascicoli. Qui l’opposizione alza un po’ più la voce, ma non perché paventi interventi restrittivi sulla riforma: solo perché teme che si sforino i tempi «buttando a mare a mare due anni di lavoro e mettendo a rischio i fondi del Pnrr».