La bandiera battente di una nave non definisce le responsabilità sui migranti

A differenza di quello che sostiene il governo italiano, che sta fornendo un'interpretazione molto creativa del diritto internazionale

I migranti soccorsi dalla nave Humanity 1
(ANSA/MAX CAVALLARI-SOS HUMANITY)
I migranti soccorsi dalla nave Humanity 1 (ANSA/MAX CAVALLARI-SOS HUMANITY)
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Da giorni il governo italiano sta sostenendo che le navi delle ong che soccorrono i migranti nel Mediterraneo e che si dirigono verso l’Italia non debbano approdare nei porti italiani bensì in quelli dei paesi di cui battono bandiera. È il caso della nave Humanity 1 della SOS Humanity e della Geo Barents di Medici Senza Frontiere: la prima batte bandiera tedesca e la seconda bandiera norvegese.

Secondo il governo italiano, dovrebbero essere Germania e Norvegia a prendere in carico le richieste d’asilo dei migranti, ma dal punto di vista giuridico questa posizione non ha alcun fondamento. Le navi delle ong battono infatti la bandiera di uno stato piuttosto che quella di un altro spesso solo per ragioni fiscali, e il diritto internazionale, nel caso dei soccorsi in mare, non prevede alcun legame tra la nave e lo stato di cui batte bandiera.

Non è però quello che pensa il governo italiano: nella presentazione del decreto interministeriale firmato venerdì per impedire l’attracco della Humanity 1 nel porto di Catania, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi aveva detto che le navi che battono bandiera di un certo stato devono essere trattate «come un’isola» di quello stato.

La stessa cosa nei giorni precedenti avevano detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini: era stata anche inviata una“nota verbale” a Germania e Norvegia per chiedere che i rispettivi governi si occupassero dei migranti a bordo delle navi delle ong, ma i due paesi avevano risposto di non avere alcuna responsabilità al riguardo.

La posizione del governo si basa su quanto definito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) del 1982, che all’articolo 92 dice che le navi battenti la bandiera di uno stato «nell’alto mare sono sottoposte alla sua giurisdizione esclusiva» (cioè dello stesso stato), e sul cosiddetto “Regolamento di Dublino”, la convenzione sull’accoglienza dei richiedenti asilo firmata dagli stati dell’Unione Europea a Dublino nel 1990, che prevede l’applicazione di alcune regole comuni in tutti gli stati dell’Unione.

– Leggi anche: I migranti bloccati nel porto di Catania

All’articolo 13 il Regolamento prevede che quando «il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale». Secondo l’interpretazione del governo italiano di questo articolo, una nave battente bandiera di un certo paese deve essere considerata parte del territorio di quel paese, e non deve essere quindi l’Italia a farsi carico del soccorso dei migranti che ha soccorso. Ma la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare non tratta il tema dei migranti e del soccorso che deve essere prestato loro in mare, che è invece regolato da altre norme che sono in netta contraddizione con quanto sostenuto dal governo italiano.

Quale sia il porto in cui le persone salvate dalla nave debbano essere fatte sbarcare è infatti prescritto dalla cosiddetta convenzione di Amburgo del 1979 e da altre norme sul soccorso marittimo, che prevedono che gli sbarchi debbano avvenire nel primo “porto sicuro” sia per prossimità geografica a dove è avvenuto il soccorso sia dal punto di vista del rispetto dei diritti umani, a prescindere sia dalla zona SAR (cioè di soccorso in mare) sia dalla bandiera battuta.

In sostanza, quindi, la bandiera battuta da una nave non conta nulla nel dovere di uno stato nel soccorso dei migranti: è la vicinanza geografica al primo porto sicuro che deve essere presa in considerazione. Nel caso delle navi Humanity 1 e Geo Barents, il primo porto sicuro è stato giudicato quello di Catania, dove tra sabato e domenica le due navi hanno attraccato.

Il governo italiano ha permesso lo sbarco solo a donne, bambini e persone in condizioni di salute precaria, mentre ha obbligato i maschi adulti a rimanere a bordo. Ha chiesto inoltre alla Humanity 1 di lasciare il porto di Catania, e nelle prossime ore è probabile che avanzerà la stessa richiesta anche alla Geo Barents. Anche questa è una decisione considerata illegittima dalle ong: SOS Humanity ha presentato ricorso al TAR del Lazio, e il comandante della nave  si è rifiutato di partire.

– Leggi anche: Perché il comandante della Humanity 1 ha deciso di non lasciare il porto di Catania