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  • Venerdì 28 ottobre 2022

In Irlanda del Nord gli unionisti hanno forzato nuove elezioni

Hanno bloccato per mesi la formazione di un governo guidato dal partito di sinistra Sinn Féin: si voterà di nuovo a dicembre

Il cancello del parlamento di Belfast (Charles McQuillan/Getty Images)
Il cancello del parlamento di Belfast (Charles McQuillan/Getty Images)
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Alla mezzanotte di venerdì è scaduto in Irlanda del Nord il termine ultimo per formare un governo dopo le elezioni dello scorso maggio, che erano state vinte per la prima volta dal Sinn Féin, il partito nazionalista di sinistra che ha tra i suoi obiettivi la riunificazione dell’Irlanda con l’Irlanda del Nord. I negoziati per la formazione di un governo erano stati boicottati sistematicamente dal DUP, il principale partito unionista e di destra, che alle elezioni di maggio era arrivato secondo e il cui appoggio era necessario per la formazione di un esecutivo.

Le nuove elezioni si terranno con ogni probabilità il 15 dicembre e che quasi certamente saranno inconclusive quanto quelle di maggio: il voto potrebbe non cambiare la situazione politica e finire per aumentare la polarizzazione.

Nel frattempo, il parlamento britannico (quello con sede a Londra) assumerà su di sé l’incarico dell’amministrazione, che finora era stata affidata al governo uscente facente funzioni: tra le altre cose dovrà approvare in questi mesi la legge finanziaria nordirlandese, al posto del parlamento locale.

La situazione politica è così litigiosa e instabile che in Irlanda del Nord c’è stato un governo localmente eletto soltanto in due degli ultimi cinque anni, e molti si chiedono se l’attuale assetto politico nordirlandese, che prevede una condivisione del potere tra partiti avversari, sia ancora sostenibile.

Le elezioni di maggio erano state tenute per rinnovare i 90 seggi del parlamento unicamerale nordirlandese, a cui lo statuto del Regno Unito garantisce una certa autonomia dal parlamento britannico. Per la prima volta aveva vinto il Sinn Féin, che aveva ottenuto 30 seggi contro i 24 del DUP, il partito che negli ultimi decenni aveva dominato la politica locale.

Come sempre in Irlanda del Nord, era previsto che il governo sarebbe stato condiviso tra i due partiti: vige infatti una peculiare modalità di governo che impone che il principale partito nazionalista (cioè favorevole alla riunificazione con l’Irlanda, come il Sinn Féin) e il principale partito unionista (cioè favorevole a rimanere nel Regno Unito, come il DUP) si spartiscano il potere ed esprimano un governo condiviso. Per questo, l’Irlanda del Nord ha due primi ministri, con poteri assolutamente uguali e che costituiscono nei fatti una specie di diarchia: devono governare insieme e se uno dei due si dimette termina automaticamente anche l’incarico dell’altro. Altre cariche di governo sono poi riservate a partiti minori, sempre ben divise tra campo unionista e campo nazionalista.

Questa particolarissima modalità di governo fu decisa con gli accordi del Good Friday del 1998, quelli che misero fine alla guerra civile che aveva segnato per trent’anni la storia del paese provocando migliaia di morti, i cosiddetti Troubles: l’idea era permettere ai leader delle due fazioni opposte, unionisti e nazionalisti, di governare insieme e mettersi d’accordo sugli interessi dei rispettivi elettorati.

Al partito che vince le elezioni spetta il vantaggio di dettare l’agenda politica e di nominare il primo dei due primi ministri, ma è comunque impotente se l’altro partito – il DUP, in questo caso – si rifiuta di collaborare. Negli scorsi mesi, il DUP non soltanto si è rifiutato di collaborare alla formazione di un governo, ma perfino all’avvio dei lavori del parlamento nordirlandese, impedendo la nomina di uno speaker neutrale dell’assemblea.

Il DUP sta bloccando tutto il sistema politico nordirlandese per dimostrare la sua contrarietà al Protocollo sull’Irlanda del Nord, il trattato sullo status del paese contenuto nel più ampio accordo fra Regno Unito e Unione Europea su Brexit. Il DUP è stretto alleato dei Conservatori britannici e aveva sostenuto convintamente l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Ma in questo modo ha contribuito all’approvazione del Protocollo, il compromesso firmato dal governo Conservatore di Boris Johnson che ha di fatto allontanato l’Irlanda del Nord dal resto del Regno Unito, mantenendola sia nel mercato comune europeo sia nell’unione doganale.

Per questo, ormai da mesi, il DUP boicotta ogni nuova azione politica finché il Protocollo non sarà abolito, o pesantemente modificato, anche se il Protocollo è stato firmato da un governo di cui lo stesso DUP è alleato.

Il governo britannico ha fatto dei tentativi per modificare il Protocollo, e ha perfino minacciato modifiche unilaterali senza coinvolgere l’Unione Europea, ma per ora la situazione rimane ferma, anche perché le trattative sono estremamente complesse: il Protocollo nasce dalla necessità di non creare una barriera fisica al confine tra Irlanda e Irlanda del Nord, che quasi certamente provocherebbe una situazione di grande tensione.

Il boicottaggio del DUP sta tuttavia mostrando tutti i limiti del sistema nordirlandese di condivisione del potere. La continua mancanza di governi secondo il Financial Times ha provocato un buco di bilancio di oltre 700 milioni di sterline, e l’assenza di rappresentanti locali al potere potrebbe essere un problema per i cittadini nordirlandesi, in un momento di aumento dell’inflazione e rallentamento dell’economia, in cui sarebbe necessario approvare misure a sostegno dei redditi e contro il carovita.

Le nuove elezioni saranno quasi certamente il 15 dicembre ma non dovrebbero risolvere nulla: il DUP potrebbe ottenere un risultato lievemente migliore rispetto a maggio, ma non ci sono indicazioni che porrà fine al suo boicottaggio.