L’ambasciata degli Stati Uniti a Cuba ha ricominciato a rilasciare visti per immigrati, per la prima volta dall’inizio dei casi di “sindrome dell’Avana”

L'ambasciata degli Stati Uniti all'Avana (AP Photo/Desmond Boylan, File)
L'ambasciata degli Stati Uniti all'Avana (AP Photo/Desmond Boylan, File)

Mercoledì 4 gennaio l’ambasciata degli Stati Uniti a Cuba ha ricominciato a rilasciare visti per immigrati ai cittadini cubani per la prima volta in quasi sette anni: le procedure erano state infatti interrotte nel 2017, dopo i primi casi della cosiddetta “sindrome dell’Avana”, il misterioso malessere che aveva colpito alcuni membri dello staff diplomatico statunitense a Cuba.
Il blocco del rilascio aveva impedito a molti cubani di richiedere un visto per entrare legalmente negli Stati Uniti. In base agli accordi bilaterali tra i due paesi, possono essere rilasciati 20mila visti all’anno, destinati principalmente ai ricongiungimenti familiari.
I primi casi della cosiddetta “sindrome dell’Avana” erano stati comunicati dal dipartimento di Stato americano nel settembre del 2017 (anche se i casi si riferivano al 2016). Vari funzionari e diplomatici dell’ambasciata statunitense all’Avana ebbero nausea, spossatezza e forti mal di testa, ma anche problemi di vista, udito ed equilibrio e in alcuni casi problemi di memoria. Negli anni successivi furono registrati casi simili tra alcuni diplomatici canadesi che lavoravano a Cuba, e in seguito li segnalarono anche decine di funzionari americani che lavoravano nelle ambasciate di altri paesi, tra cui Austria, Cina, Russia, Germania e Colombia. Ancora oggi non si sa cosa abbia causato il malessere.

– Leggi anche: Forse la “sindrome dell’Avana” non è quello che si pensava