La Conferenza sulla sicurezza di Monaco, alla 59esima edizione, entra nel vivo con i discorsi, tra i più attesi, di Wang Yi, Ursula von der Leyen e Jens Stoltenberg. Visioni del mondo diverse si scontrano senza esclusione di colpi. Al centro dell’agenda la guerra in Ucraina sui cui si esprimono anche Kamala Harris, Rishi Sunak e Dmytro Kuleba. 

Un Wang Yi prevedibile

Wang Yi, il più alto in grado della diplomazia cinese, ha, questa mattina, sfoderato il consueto arsenale retorico del Partito comunista cinese, snocciolando punto per punto i principi (retorici) della politica estera di Pechino, informata da una visione del mondo “con caratteristiche cinesi” che abbiamo ormai imparato a conoscere. 

Fa notizia l’annuncio di un piano di pace, un concept paper, in cui, sulla base delle idee di Xi Jinping, la diplomazia cinese proporrà le proprie linee per una pace duratura in Ucraina. Una mossa questa parallela all’iniziativa occidentale della risoluzione Onu che verrà presto votata in Assemblea generale e Consiglio di sicurezza. 

Wang ha sottolineato l’importanza per un mondo «stabile e sicuro» dei principi di sovranità, integrità territoriale e non interferenza negli affari interni, da sempre l’interesse supremo di Pechino. 

Come prevedibile, Wang ha anche cercato di proiettare un’immagine della Cina come una forza benefica per la pace e lo sviluppo mondiali: «L’aumento della forza cinese è l’aumento della speranza nella pace per l’umanità», ha sentenziato Wang. 

Duro l’attacco agli Stati Uniti, una forza «destabilizzatrice» che, con atteggiamenti «aggressivi» come quelli dimostrati nella gestione dell’emergenza palloni aerostatici e con il «protezionismo economico», pone un serio «rischio alla globalizzazione», di cui la Cina, invece, si fa protettrice grazie a Global security initiative e Global development initiative. 

Alla cooperazione “win-win” che Pechino sostiene di praticare, si oppone l’interesse nazionale statunitense, un attore «con obiettivi strategici che vanno oltre l’Ucraina», un «ostacolo alla pace». Wang, insomma, accusa Washington di sfruttare il conflitto per perseguire il proprio interesse antirusso e anticinese. 

L’emissario di Xi ha, infine, sottolineato che l’Europa deve aumentare la propria «autonomia strategica» per sfuggire all’influenza americana. 

La risposta euro-atlantica

In linea i leader di Unione europea e Nato. Von der Leyen ha detto che «Vladimir Putin deve fallire» e «l’Ucraina deve vincere». Per contrastare i «piani imperialisti» di Mosca, la presidente della Commissione chiede di produrre e inviare allèUcraina «più armi e più velocemente». 

La garante dell’unità europea risponde così affermativamente agli appelli di Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Volodymyr Zelensky: per la vittoria, l’Ucraina ha bisogno di armi. 

Non da meno Jens Stoltenberg: «La guerra non è più accettabile» e «la difesa militare è fondamentale ma non basta». A preoccupare il leader della Nato, infatti, c’è la minaccia dei regimi autoritari e la dipendenza economica che questi puntano a creare per indebolire l’occidente. 

Dopo il gas russo, avverte, Europa e America non possono permettersi di diventare dipendenti dalla Cina, un «regime autoritario» e conseguentemente un attore inaffidabile. Niente sconti, dunque, a Wang Yi: alla cortesia si sostituiscono, da entrambe le parti, toni poco concilianti. 

Stoltenberg ha anche chiesto di rinforzare le sanzioni alla Russia e di «stare uniti»: è questo l’unico modo per l’occidente di resistere alle sfide del 21esimo secolo, tra cui le minacce cyber e la compromissione delle catene di valore globali. 

Londra-Washington

A confermare l’impegno occidentale nei confronti di Kiev ci pensa anche Rishi Sunak. «È troppo presto per pensare alla fornitura di aerei» all’Ucraina, un chiaro riferimento agli F-16 a cui però Londra non chiude definitivamente. Meglio aspettare che i tempi siano maturi: servono mesi per addestrare i piloti ucraini e capire come usare al meglio le preziose risorse occidentali. 

Tuttavia, Sunak non si tira indietro su munizioni e altre armi, promettendo di «raddoppiare il sostegno militare» a Kiev. Il premier britannico sottolinea un aspetto cruciale finora troppo spesso in ombra: «A Kiev serve una strategia militare per vincere sul campo di battaglia e una strategia politica per vincere al tavolo negoziale». 

Le due dimensioni, militare e diplomatica, appaiono effettivamente inscindibili e non si può negoziare prima di aver ottenuto un decisivo vantaggio sul campo. È positivo il pensiero a lungo termine di Sunak: senza una strategia chiara, che sia in guerra o in diplomazia, le azioni intraprese da Ucraina e alleati rischiano di essere sconclusionate, sì segnali di un sostegno inamovibile ma atti isolati a meno di un piano più ampio in cui essere integrati. 

Kamala Harris, invece, dice che gli Stati Uniti hanno «accertato formalmente i crimini di guerra commessi dalla Russia», confermando i sospetti secondo cui l’esercito russo non abbia mai tenuto in adeguata considerazione i principi e le norme del diritto umanitario. 

La vicepresidente americana conferma quanto già detto da von der Leyen: «Putin ha fallito» nei suoi piani di conquista e nel tentativo di «dividere la Nato», di «attaccare i nostri valori comuni». 

E, a tal proposito, Harris ha anche ribadito il «solido» impegno americano nei confronti dei principi di difesa collettiva condivisi con gli alleati europei. 

Kuleba dialoga con tutti

L’agenda del ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, è prevedibilmente piena. Ha, infatti, incontrato numerose delegazioni, su tutte quelle del G7 e della Cina, oltre che, ad esempio, quella irachena. 

Estremamente rilevante il dialogo con Robert Habeck, vice cancelliere tedesco, da cui emerge una considerazione condivisa: «La Russia ha già perso la guerra energetica». Ritorna, dunque, il tema della dipendenza menzionato da Stoltenberg, una debolezza che l’Unione europea non può più permettersi. 

Espresso apprezzamento per le parole di Wang Yi, “star” di questo sabato, con cui Kuleba auspica di interloquire presto a proposito del concept paper che Pechino presenterà. La Cina, secondo il ministro, può e deve avere «un ruolo importante» nella risoluzione del sanguinoso conflitto. 

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