Improvvisamente, come riportato ieri dallo Spiegel e da Reuters, sia gli Stati uniti che la Germania hanno deciso di inviare i propri carri armati di punta, rispettivamente gli M1 Abrams e i Leopard 2 all’Ucraina, accettando le richieste del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Non si è fatta attendere la decisa reazione russa, soprattutto sul piano retorico.

La svolta è arrivata nel pomeriggio del 24 gennaio, dopo la richiesta polacca alla Germania di autorizzazione per l’invio dei Leopard di Varsavia verso il fronte ucraino e l’incontro tra il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius. 

La Germania aveva precedentemente posto come condizione al via libera per i Leopard 2 del Bundeswehr il trasferimento degli M1 Abrams prodotti dagli Stati uniti. 

La reazione russa

I russi non sono rimasti indifferenti di fronte alla “generosa” svolta occidentale. Dopo le indiscrezioni di Reuters, l’ambasciatore russo negli Stati uniti, Anatoly Antonov, ha parlato di «deliberata provocazione» e della volontà di Washington di infliggere a Mosca una «sconfitta strategica» attraverso la conduzione prolungata di una «guerra per procura», minacciando, però, la distruzione di tutti gli Abrams, considerati, al pari dei Leopard, armi esclusivamente offensive. 

Sulla stessa linea il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov che parla di una correlazione tra il «sostegno militare» occidentale e l’aumento delle sofferenze «del popolo ucraino». Peskov ha anche evidenziato la presunta «divisione» nel fronte alleato dicendo che l’Europa, in particolare la Polonia, ha «minacciato» la Germania di attuare una campagna di «isolamento internazionale». 

Parallelamente, l’ambasciata russa di Berlino ha espresso la propria delusione per la mossa tedesca, il cui governo «è venuto meno ala propria storica responsabilità nei confronti della Russia derivante dai crimini nazisti della seconda guerra mondiale». 

Vladimir Solovyev, giornalista russo vicino al Cremlino, parla, sulla tv russa, di «denazificazione della Germania» mentre scorrono le immagini dei Leopard. 

Militarmente, le forze russe sono pronte, secondo l’intelligence britannica, a schierare in Ucraina i carri T-14 Armata, un mezzo presentato come prototipo nel 2015 propagandato come «distruttore di Abrams». 

Enormi dubbi, però, sono stati sollevati sull’opportunità di questa mossa, dal momento che i T-14 sono da tempo in fase di sperimentazione e collaudo e non sono mai stati testati sui campi di battaglia. Inoltre, la produzione è limitatissima (poco più di una decina) rendendo così complesso riparare potenziali danni e sostituire i mezzi distrutti.

Lo scopo potrebbe essere, infatti, principalmente propagandistico, alla maniera dei test su tecnologie emergenti come i missili ipersonici

Il dietrofront

L’Ucraina riceverà, dunque, i tanto richiesti carri armati di fabbricazione occidentale, che Zelensky ritiene essenziali per il morale delle truppe e per la difesa delle posizioni attualmente contese con i russi, come le vicine Soledar e Bakhmut. 

Lo conferma un comunicato del portavoce del governo federale, Steffen Hebestreit, in cui la decisione di inviare inizialmente 14 Leopard 2 A6, la penultima versione, viene definita il «risultato di intense consultazioni» con i partner euro-atlantici. Nel comunicato si autorizzano gli altri paesi Nato a trasferire i propri Leopard e si annuncia l’inizio dell’addestramento degli equipaggi ucraini su suolo tedesco. 

La decisione americana e tedesca, mediata dai vertici Nato, risulta sorprendente considerati i precedenti temporeggiamenti della parte tedesca e l’opposizione all’invio dei complessi carri Abrams da parte dell’establishment di Washington. Tuttavia, non sorprende la convergenza di entrambe le parti. 

Non è chiaro chi, se Washington o Berlino, abbia fatto il “primo passo” liberando la controparte dal peso politico di essere il primo paese Nato a inviare questo tipo di sistemi d’arma a Kiev. La fine dello stallo libererà probabilmente anche i Leopard 2 in possesso di altri dodici paesi Nato, tra cui la Polonia, il paese più attivo nel tentativo di persuadere il cancelliere Olaf Scholz, pressato anche dai Verdi e Fdp, partiti membri del governo tedesco. 

Qualora fossero stati gli Stati uniti a cedere, la vittoria negoziale di Scholz sarebbe comunque pirrica: la Germania, fino a ieri ambigua sul punto, si dimostra incapace di condurre il fronte di paesi europei, delegando ancora una volta il ruolo di leadership agli Stati uniti. 

I tempi e i numeri

La luce verde di Washington e Berlino non corrisponde temporalmente con il dispiegamento di Abrams e Leopard. Infatti, serviranno diversi mesi, forse quattro, per addestrare i carristi ucraini all’uso dei mezzi occidentali, mentre i reparti di supporto dovranno prepararsi a rifornire, riparare e mantenere veicoli con cui finora non si sono mai interfacciati.

Soprattutto i carri americani, dotati di un motore a turbina e di una complessa elettronica, sono considerati estremamente complessi nell’uso e nella manutenzione, fattore che faceva inizialmente propendere per un’astensione dal loro invio

Anche il trasporto stesso dei carri potrebbe richiedere tempi dilatati, soprattutto se, per svariati motivi, i militari americani dovessero scegliere un trasferimento via nave fino alle coste europee per poi trasferire il carico su rotaia, come fatto recentemente con corazzati più leggeri. Da verificare la veridicità di alcuni video circolati su Twitter in cui viene già ripreso un treno carico di Abrams nei pressi di Cracovia. 

La Cnn parla di circa 30 mezzi americani in arrivo in Ucraina, un numero considerevole se sommato a quanti Leopard gli alleati europei potrebbero a loro volta inviare. Infatti, nonostante i soli 14 esemplari che la Germania fornirà nel breve periodo, l’ampia diffusione dei Leopard 2 potrebbe consentire, uniti gli sforzi, di arrivare ad un centinaio di carri europei in totale. Il piano tedesco è di arrivare a fornire «due battaglioni» di carri, dunque tra i 60 e i 100 mezzi in totale. 

Tra gli alleati, anche la Spagna si unirà al “piano Leopard” secondo una modalità che verrà presto annunciata dal governo. La Polonia chiederà, invece, un rimborso all’Unione europea per i Leopard che cederà a Kiev e il Regno Unito ribadisce il proprio impegno a fornire i Challenger 2. 

Si muovono anche Svezia e Finlandia, ancora impegnate in un complesso processo di adesione alla Nato. Helsinki ufficializza la richiesta di autorizzazione per il trasferimento dei Leopard, mentre Stoccolma valuta l’invio dei propri Stridsvagn 122, una versione modernizzata e adattata allo scenario artico e subartico della versione A5 del carro tedesco. 

© Riproduzione riservata