Il 25 febbraio oltre 150 milioni di abitanti del paese più popoloso dell’Africa dovranno designare il successore del presidente Muhammadu Buhari, ex generale delle forze armate eletto nel 2015 soprattutto per combattere la violenta insurrezione jihadista nello stato nord-orientale del Borno e la generale insicurezza nel paese. Durante i suoi due mandati, al contrario, l’emergenza è peggiorata e le morti di civili si sono diffuse in tutta la Nigeria: un bilancio «catastrofico», secondo la maggior parte delle forze politiche nigeriane.

Alla vigilia del voto il manifesto ha intervistato Malik Samuel ricercatore per il Sahel e l’area del Lago Ciad presso l’Institute for Security Studies (Iss), la più importante organizzazione di monitoraggio e ricerca del continente africano.

Qual è la situazione nel paese?

Il primo problema è la sicurezza. La Nigeria è divisa in 6 macro-regioni tra nord, centro e sud. In almeno 4 zone esistono concrete criticità emerse già nelle precedenti elezioni regionali, con alcuni seggi attaccati o distrutti.

Riguardo alla rivolta jihadista nel Borno e nell’area del lago Ciad, lo Stato Islamico dell’Africa occidentale (Iswap) sembra sia sempre più in espansione.

Il fenomeno è purtroppo peggiorato in questi anni, visto che si è esteso anche ai paesi limitrofi del lago Ciad (Camerun, Niger, Benin). Possiamo ancora affermare che i due gruppi jihadisti attivi in Nigeria sono accomunati dal concetto di Boko Haram, che significa “l’eduzione occidentale è proibita”.

In questo momento nel Borno e in numerosi stati del nord e del centro si fronteggiano l’Iswap, forse la più importante organizzazione jihadista africana legata all’Isis, e il Gruppo della Sunna per la propaganda religiosa e per il Jihad (Jas), nome originario di Boko Haram alla sua nascita. Entrambe mirano alla lotta contro qualsiasi influenza occidentale e alla nascita di un califfato, ma dopo la morte di Abubakar Shekau (leader storico di Boko Haram, ndr) in questo momento la fazione dominante è quella di Iswap, grazie anche ai legami e al sostegno economico e militare dello Stato Islamico in Medioriente.

Anche la loro strategia è differente: Iswap approfitta della totale assenza del governo centrale per fornire servizi, sicurezza e sostegno economico alle popolazioni, mentre Jas considera i civili in ogni caso “miscredenti”, e utilizza i rapimenti come mezzo di finanziamento. E diversa è la strategia militare: Iswap ha come obiettivo principale le forze di sicurezza, spesso accusate di violenze nei confronti delle popolazioni locali; Jas, al contrario, attacca prevalentemente i villaggi, sia cristiani che musulmani, uccide i civili, rapisce i giovani per un arruolamento forzato e le donne come concubine.

Anche Iswap sta arruolando centinaia di persone garantendo soldi e stipendi, in un paese dove la povertà domina. Gli ultimi report dell’Iss parlano di oltre 5/6mila combattenti nelle file dell’Iswap e circa 1500 in quelle di Jas, con cifre in aumento.

Ci sono poi i sequestri negli stati nord-occidentali e gli attacchi indipendentisti nel sud: quali le principali cause?

Il fenomeno dei “banditi”, come li chiama il governo, è più recente. Molti analisti confermano i legami con i miliziani di Jas, soprattutto per quanto riguarda i rapimenti e il business della fornitura di armi. Anche qui, la principale motivazione non è ideologica o religiosa, ma ha a che fare con la povertà e la mancanza di prospettive per i giovani nigeriani, che rappresentano il 70% della popolazione. Nel sud-est, invece, è sempre più forte la protesta del movimento indipendentista Ipob (Indigenous People of Biafra), che lamenta la totale discriminazione nei confronti delle popolazioni locali da parte del governo centrale.

Atiku Abubakar, capo del Partito democratico popolare (Pdp), Bola Tinubu dell’All Progressive Congress (Apc) e Peter Obi del Partito laburista (Lp): chi è il candidato più affidabile per risolvere i problemi del Paese?

Le ultime rilevazioni danno vincente Peter Obi con 10 punti di vantaggio su Bola Tinubu, leader del partito del presidente uscente, e 18 su Atiku Abubakar del partito di opposizione Pdp. Tutte e tre hanno esperienza politica, ma la vera novità è il messaggio non esclusivamente confessionale di Obi, rivolto prevalentemente ai tanti giovani del nostro paese. Paradossalmente la Nigeria è uno dei paesi più ricchi del continente, ma oltre il 50% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Sia Tinubu che Atiku Abubakar sono stati condannati diverse volte per corruzione, al contrario Obi si presenta come un candidato “pulito” che vorrebbe rilanciare l’economia del paese. Ha promesso un aumento della produzione industriale interna per trasformare il paese da importatore a esportatore, grazie alle sue enormi risorse. Bisognerà vedere se il messaggio di rinnovamento e speranza potrà bastare a contrastare il duopolio dei due principali partiti del paese, che dalla loro hanno maggiori strutture e risorse per la campagna elettorale. In ogni caso Obi rappresenta per i giovani la speranza.

Abuja, 22 febbraio. Peter Obi (a sinistra) incontra uno dei suoi avversari, Bola Ahmed Tinubu, per la firma di un “accordo di pace elettorale” (foto Ap)

Quali sono le possibili soluzioni per risolvere il clima di insicurezza nel paese e la sempre più forte crisi economica?

Quello che servirebbe è la creazione di posti di lavoro per dare un futuro ai giovani, in un paese pieno di risorse. Un altro grosso problema, che ha aggravato la crisi economica, è quello legato alla corruzione ad ogni livello e all’alto costo di tutta la classe politica. La diminuzione della povertà porterebbe anche a una diminuzione del livello di insicurezza, visto che l’ascesa jihadista e il banditismo sono frutto soprattutto della miseria e della mancanza di alternative.

Il governo centrale dovrebbe puntare non tanto a una risposta militare, che in questi anni ha aggravato la situazione con uccisioni sommarie e una reale oppressione, ma alla governance e alla creazione di scuole, servizi, ospedali, con presidi militari che garantiscano la sicurezza della popolazione. Quello che ha influito molto nel peggioramento della crisi è sicuramente l’abbandono di numerose aree da parte del governo centrale e il vuoto colmato dal modello di “jihadismo sociale” rappresentato da Iswap. Creare queste condizioni porterebbe i nigeriani e le nigeriane a credere nel loro paese e nel futuro, senza dover emigrare.

Due abitanti del villaggio di Ngarannam, già roccaforte di Boko Haram nello stato del Borno, scrutano un militare nigeriano di pattuglia (foto Ap)