Il giorno dopo l’assegnazione del porto a tutte e tre le navi Ong in missione, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi non commenta. Nel primo pomeriggio trapela però una lunga dichiarazione attribuita a «fonti del Viminale». I toni sono burrascosi, le azioni delle Ong definite «rischiose e provocatorie». Le tesi: favoriscono l’ingresso di migranti economici che non hanno diritto a rimanere in Italia; incentivano i migranti a partire; fanno pattugliamento sistematico; portano in territorio italiano migranti «raccolti» in acque di altri paesi. E infine: alcune Ong, ma in questo genere di affermazioni non è mai specificato quali, finiscono per rappresentare un elemento chiave della filiera che ingrossa gli arrivi irregolari.

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«Sull’immigrazione, nessun dietrofront», tuonano le fonti governative. I tre sbarchi sarebbe stati autorizzati solo per evitare che le navi umanitarie usassero l’arrivo del maltempo come un pretesto per dichiarare lo stato di emergenza ed entrare in porto. Cosa che dopo il caso Rackete è avvenuta una sola volta: a settembre scorso dalla Sea-Watch 3. Ma il problema era la tensione a bordo creata da un’attesa del porto lunga e inutile. Dopo lo sbarco la nave è stata detenuta dalla guardia costiera. È ancora bloccata a Reggio Calabria.

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Il governo torna dunque sulle barricate, almeno a parole. Ma continua a confondere strumentalmente il Sar, cioè le attività di ricerca e soccorso in mare che per le convenzioni internazionali non devono badare a passaporti o status delle persone, con tutto quello che avviene dopo. Cioè le procedure di asilo, accoglienza o espulsione. Paradossale, poi, la dichiarazione del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini: «Sono orgoglioso di quello che il governo sta facendo in sede europea, visto che sono ripresi i collocamenti che erano fermi da troppo tempo». In pratica il leader leghista canta vittoria per il meccanismo di redistribuzione volontaria messo in piedi dalla vituperata Luciana Lamorgese, ex ministra dell’Interno criticata di continuo durante il Conte II e il governo Draghi. Quel meccanismo, tra l’altro, si era bloccato con il partner francese proprio a causa della gestione degli sbarchi di inizio novembre e del caso Ocean Viking. Le persone ricollocate sono 169, in Germania. Paese che non si è tirato indietro nemmeno nel momento più acuto dello scontro Roma-Parigi.

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Le dichiarazioni di ieri segnalano la debolezza della compagine meloniana che ha bisogno di giustificare ai propri elettori il passaggio dalla teoria alla pratica della gestione dei fenomeni migratori. Dicono anche che il braccio di ferro non finirà con gli sbarchi odierni. Bloccare le navi con le persone a bordo avrebbe creato un nuovo conflitto in sede europea. Stavolta Meloni non poteva permetterselo. Quando i naufraghi scenderanno, però, le carte in tavola potrebbero cambiare. Soprattutto se l’esecutivo ha già trovato qualche pretesto per ostacolare le ripartenze. Si vedrà. Intanto questa mattina le Geo Barents e Humanity 1 sono attese a Salerno e Bari. Dovrebbero scendere tutti, senza selezione all’ingresso.

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Quella di ieri è stata una giornata di preparativi sul ponte della Geo Barents. L’equipaggio di Medici senza frontiere ha accelerato le attività che precedono l’arrivo a terra e hanno l’obiettivo di aiutare le persone anche dopo il trasferimento. Sono terminati gli esami medici, le informative legali e i colloqui psicologici. Tra cui rientrano quelli sulle violenze sessuali. Non sono momenti facili. Soprattutto per chi deve ripercorrere eventi traumatici, ma alla fine anche per chi ascolta. Nonostante si tratti di personale specializzato. Kira Schmidt, ostetrica di bordo, è uscita in lacrime da uno di questi.

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Tra i naufraghi gioia e allegria per la notizia del porto sono state sostituite da incertezza e inquietudine. Dopo i giorni di sospensione tra i problemi dell’Africa e quelli dell’Europa, da oggi dovranno ricominciare ad affrontare le difficoltà della loro condizione. «Vorrei andare a vivere in Svizzera», dice un quindicenne della Guinea Conakry che chiameremo Ibrahim. «Non ho parenti là. Ma non ho nessuno da nessuna parte in Europa – spiega – Voglio vivere lì perché parlano francese. E poi perché da quando andavo a scuola ho sempre sognato di conoscere la Svizzera. Potrò farlo?».