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  • Venerdì 9 dicembre 2022

Che diamine è successo in Perù?

Mercoledì il presidente ha tentato un colpo di stato, ma gli è andata male, e nel giro di poche ore è stato destituito e arrestato

Pedro Castillo (AP Photo/Juan Karita)
Pedro Castillo (AP Photo/Juan Karita)

Mercoledì pomeriggio in Perù nel giro di poche ore c’è stato un tentativo di colpo di stato da parte dell’ormai ex presidente Pedro Castillo, seguito dalla decisione del parlamento di destituirlo e dal suo arresto. Era cominciato tutto in una maniera piuttosto concitata e confusa, quando verso le 12 locali (le 18 in Italia) Castillo aveva pronunciato un discorso alla nazione in cui aveva ordinato lo scioglimento del Congresso (il parlamento peruviano), l’istituzione di un “governo di eccezione” e il coprifuoco in tutto il paese.

L’annuncio di Castillo era arrivato tre ore prima che il Congresso votasse per la terza volta su una richiesta di impeachment nei suoi confronti. Le due mozioni precedenti – presentate nei mesi scorsi da alcuni parlamentari di opposizione per «incapacità morale permanente» del presidente – erano state respinte perché non avevano raggiunto la maggioranza di voti necessaria. Le mozioni si basavano su alcune accuse di corruzione avanzate nei mesi scorsi nei confronti di Castillo, che lui aveva sempre definito parte di un complotto ai suoi danni.

La presidenza di Castillo, che è un ex insegnante di sinistra di ispirazione marxista, era iniziata nel luglio del 2021 e fin dall’inizio aveva avuto diversi problemi: nei primi sei mesi da presidente aveva fatto numerosi rimpasti di governo e fatto dimettere tre primi ministri. Aveva anche nominato e poi sostituito circa 80 funzionari governativi e dato ruoli decisionali ad alcuni suoi alleati politici privi di esperienza di governo. Proprio per questo su di lui, su membri della sua famiglia e su alcuni dei suoi più stretti collaboratori erano state avviate indagini per corruzione. Castillo inoltre si era avvicinato sempre più a personalità conservatrici (come l’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro) e tra le altre cose si era detto contrario al diritto all’aborto, ai diritti per la comunità LGBT+ e all’educazione sessuale nelle scuole.

Complice anche una situazione economica molto difficile, negli ultimi giorni c’erano state grosse e violente proteste nel paese, con l’obiettivo di far dimettere Castillo prima ancora che si votasse la terza mozione d’impeachment.

In teoria per la terza mozione le opposizioni non avrebbero avuto la maggioranza per approvarla nemmeno questa volta, e c’erano poche speranze di convincere i partiti di sinistra a votare per destituirlo. Castillo aveva però cercato ugualmente di evitare il voto, forse per il timore che partiti a lui vicini potessero votare infine per l’impeachment, e per questo motivo mercoledì aveva ordinato lo scioglimento del Congresso.

Probabilmente Castillo sperava che dopo il suo annuncio le forze armate avrebbero sostenuto il suo tentativo di colpo di stato. Al contrario, in un comunicato pubblicato poco dopo l’esercito aveva fatto sapere che il presidente non aveva l’autorità per sciogliere il parlamento.

Successivamente erano arrivate le dimissioni dei ministri dell’Economia, della Giustizia, del Lavoro e degli Esteri, e la condanna da parte della sua stessa vicepresidente, Dina Boluarte, che lo aveva accusato di aver tentato un colpo di stato. Il Congresso a quel punto si è riunito in anticipo rispetto all’orario previsto per votare la mozione d’impeachment, stavolta approvandola con 101 voti su 130, in una seduta rapidissima senza nessun dibattito preliminare.

Come previsto dalla costituzione peruviana, i poteri sono stati trasferiti alla vicepresidente Boluarte, che poco dopo ha giurato come nuova presidente del paese. Nel frattempo, Castillo si è presentato spontaneamente alla sede della prefettura di Lima, dove dopo l’approvazione dell’impeachment è stato arrestato con l’accusa di aver cercato di sovvertire l’ordine costituzionale.

La procura di Lima ha detto di aver ordinato una carcerazione preventiva per Castillo della durata di sette giorni. Giovedì l’ex presidente è stato quindi trasferito nel carcere di Barbadillo, in provincia di Lima, lo stesso dove sta scontando una lunga condanna l’ex dittatore del Perù Alberto Fujimori, che governò in maniera autoritaria durante gli anni Novanta e che è stato condannato per sistematiche violazioni dei diritti umani.

Sempre giovedì l’avvocato di Castillo, Víctor Pérez Liendo, ha fatto sapere che il suo assistito ha presentato una richiesta di asilo al governo del Messico, l’unico che nelle scorse ore ha difeso l’ex presidente peruviano.

Mercoledì sera il presidente messicano Manuel López Obrador, anche lui di estrema sinistra, aveva scritto su Twitter di ritenere «deplorevole che a causa degli interessi delle élite economiche e politiche, dall’inizio della presidenza legittima di Pedro Castillo ci sia stato un clima di ostilità contro di lui». Un clima che, secondo il presidente messicano, sarebbe stato sfruttato dagli oppositori di Castillo per destituirlo. Giovedì il ministro degli Esteri messicano, Marcelo Ebrard, ha confermato di aver ricevuto la richiesta di asilo di Castillo, e di essere al lavoro con le autorità peruviane per discuterne. Per ora il governo peruviano non ha fatto commenti al riguardo.

A giudicare dalle prime dichiarazioni, sembra che Boluarte non sia intenzionata a indire nuove elezioni ma voglia concludere la legislatura con la stessa maggioranza che sosteneva Castillo. Il tentato colpo di stato ha aggravato ulteriormente la crisi politica del paese, che in poco più di quattro anni ha avuto sei presidenti, e si trova in condizioni economiche estremamente precarie.